AG.RF.(MP).05.02.2014.(ore 6.41)
“riverflash” – Da che mondo è mondo, il rapporto con la suocera, non è mai stato un rapporto idilliaco ma ora la Cassazione “scagiona” alcune espressioni non proprio gentili rivolte alla mamma di “lui” o “lei”, magari troppo invadenti nella vita dei figli. Tutto è nato dalla vicenda di un genero siciliano che aveva definito “vipera” la suocera, ribadendo anche il concetto agli agenti intervenuti per calmare gli animi; a questo proposito, la Suprema Corte – con la sentenza 5227 – ha annullato senza rinvio la condanna inflitta nel 2012 dal Tribunale di Nicosia (Enna) al sopracitato genero, “giustificando” l’insulto come una dichiarazione di insofferenza. Per il Tribunale la parola “vipera” non è risultata offensiva perché la parola in questione sarebbe stata utilizzata dall’uomo solo per descrivere la scena ai poliziotti intervenuti, tanto più che è stata utilizzata in un momento di impazienza: ecco perché, secondo il verdetto, la parola “incriminata” può essere giustificata nell’occasione descritta e non si può considerare offensiva, né tale da giustificare l’attivazione della tutela penale; in sostanza il fatto non sussiste.
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