AG.RF.14.03.2014.(ore 6.58).
“riverflash” – Ci è giunta in redazione una lettera che pubblichiamo volentieri:
“Caro direttore, son un giovane 35enne italiano, sposato con una ragazza americana da circa 5 anni. Dopo aver trascorso alcuni anni in America, siamo rientrati in Italia e attualmente lavoriamo tutti e due qui a Roma con regolare contratto di lavoro. Mia moglie ha avuto un permesso di soggiorno di 5 anni ed essendo ormai vicino alla scadenza e dovendo quindi rinnovarlo, siamo andati all’ufficio immigrazione per ottenerne uno nuovo. Specifico anche che mia moglie, avendo sposato un italiano, avrebbe diritto a chiedere anche la cittadinanza italiana, ma per sua scelta vuole tenere solo quella americana. Quindi dopo aver “speso”, due giornate (perdendo quindi due giorni di lavoro) per recarci all’ufficio immigrazione e capire quali documenti servivano per fare tutto ciò, (siamo stati rimbalzati da un ufficio all’altro e le informazioni che via via ci fornivano non erano corrette per cui siamo rimasti lì per circa 4 ore tutte e due le volte… siamo arrivati finalmente a capire ciò che serviva e dopo aver compilato finalmente la richiesta, ci hanno dato un appuntamento preciso (giorno e ora) in cui presentarci, per ritirare il “sospirato” permesso. L’appuntamento fissato era per le ore 9 di mattina (siamo usciti da quell’ufficio alle 12….); noi ci siamo presentati alle 8.30 per essere più sicuri e subito ci siamo messi in fila per l’assegnazione del numero che occorre per fare qualsiasi operazione all’interno dell’ufficio. In mezzo ad una bolgia totale dove c’era chi urlava, chi insultava, chi dava segni di sofferenza, dopo circa mezz’ora di fila, siamo finalmente riusciti ad ottenere il numero ed erano ormai le 9. Ci hanno detto di attendere (con estrema scortesia), perché ci avrebbero chiamato loro. All’interno dell’ufficio c’erano circa 10 sportelli, di cui solo 2 regolarmente aperti, alle spalle dei quali, ogni tanto transitava qualche impiegato chiacchierando amichevolmente con i colleghi. Dopo circa 2 ore, trascorse nel silenzio totale e con la paura che il nome di mia moglie venisse chiamato (non esiste un microfono ma l’impiegato pronuncia il nome in mezzo al caos delle persone che stazionano lì dentro) e noi non fossi pronti a rispondere, i due sportelli aperti, sono stati “momentaneamente” chiusi con relativo abbassamento delle tapparelle, per la pausa caffè degli impiegati, che è durata mezz’ora, dopodiché finalmente siamo stati chiamati e ci è stato consegnato un foglio “di carta”, che mia moglie dovrà conservare questa volta per 8 anni, per viaggiare avanti e indietro dagli Stati Uniti (con la paura che possa sgualcirsi e deteriorarsi: ma non era meglio una carta magnetica?). Insomma si è trattato di “un viaggio della speranza” e immagino lo sia per tutti coloro che si recano in quell’ufficio, soprattutto per chi è costretto a muoversi con i mezzi, visto che si trova al di fuori dell’area centrale della città ed è difficile da raggiungere. Inoltre l’organizzazione di un ufficio così importante e “strategico” è veramente carente e il personale non adatto alla comunicazione con l’utenza e spesso non in grado di dare le informazioni giuste….Caro Direttore, questa è la burocrazia italiana, il vero disastro del nostro Paese…..Ci tenevo a raccontarlo anche perché so che la maggior parte degli italiani, la pensa come me…. Grazie per l’attenzione”.
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