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“TUTTO QUELLO CHE VUOI” – La recensione

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di Valter Chiappa
(AG.R.F. 18/05/2017)

(riverflash)       Il racconto di formazione è evidentemente un genere che affascina Francesco Bruni. Dopo “Scialla” lo storico sceneggiatore di Virzí, ripropone in “Tutto quello che vuoi” un altro giovane e un diverso mentore, ma il cammino procede in maniera assolutamente parallela.

Se nell’opera prima il giovane sbandato trovava il suo riferimento in un insegnante malinconicamente reclinato su sé stesso, Alessandro (Andrea Carpenzano), protagonista di “Tutto quello che vuoi”, vede la luce nella conoscenza casuale di un anziano poeta ottenebrato dall’Alzheimer (Giuliano Montaldo). Insomma stessa storia, ma stavolta la vicenda è meno orchestrata, talora pretestuosa e con l’ombra di una certa letterarietà.

Bruni difatti mantiene una congenita distanza culturale con i giovani che continua a voler raccontare. Basta la scena iniziale per rendersene conto: quattro ragazzotti seduti ad un bar denunciano il loro vuoto interiore, snocciolando luoghi comuni ed un frasario tratto dal dizionario più convenzionale dello slang giovanile. Peccato che i ragazzi di vita a Trastevere non ci siano più: quelli veri pascolano in quartieri così periferici, che gli stessi romani non ne conoscono nemmeno il nome. E il deficit culturale, senz’altro ben descritto, è solo un aspetto, magari solo sintomatico, del disagio esistenziale.

Per Bruni invece il problema è solo là: basta la passione di un professore o il magico carisma di un’artista per salvarti la vita. Visione elitaria ed analisi semplificativa la sua. Chi vuole approfondire il tema dovrà cercare altrove, fra le molte pellicole anche recenti che lo hanno analizzato con maggior realismo e profondità (ad esempio “Fiore” di Claudio Giovannesi).

Ciò nonostante, tornando alla stretta materia di questo film, la strana coppia formata dal giovane teppistello e dal vecchio poeta gentiluomo funziona. Andrea Carpenzano è un bel giovane dall’aspetto pasoliniano e se la cava molto bene nel suo ruolo, ma non ha la presenza e l’incisività che Filippo Scicchitano ha sfoggiato in “Scialla”. La partecipazione emotiva che comunque viene suscitata è quindi da ascrivere essenzialmente alla sorprendente interpretazione di Giuliano Montaldo, tornato, come occasionalmente gli accade, davanti alla macchina da presa.

Bruni, che accortamente adotta un registro minimale nei dialoghi per evitare il facile rischio della retorica, non gli concede molte battute da giocarsi (per fortuna, viene da pensare, dopo aver ascoltato perle come “Le poesie si scrivono quando non si sa dove mettere l’amore”). Il regista di “L’Agnese va a morire” mette allora sullo schermo un carisma ed una carica umana personale, che si traducono nel quid ineffabile che dà luce e calore al giovane coprotagonista e ad una storia tutto sommato scialba. Cui si deve aggiungere il contributo positivo di bravi comprimari come Antonio Gerardi (il padre di Alessandro) e Donatella Finocchiaro.

Il messaggio di Bruni è indiscutibile, anzi necessario ed urgente: la cultura e, come “Tutto quello che vuoi” mostra, la memoria sono mattoni fondamentali nella costruzione dell’identità. Ma chi vuole parlare di giovani, o di certi giovani, deve essere disposto a sporcarsi le mani, entrare nei quartieri dove non batte il sole, nelle vite senza speranza; sbattere la faccia contro la crisi dei valori nella società liquida, la perduta autorevolezza della scuola, la decadenza dell’istituto genitoriale in una generazione fallata.

No, per ridare ai giovani la fiducia in un qualsiasi futuro non basta la poesia.

Voto: 6

 

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