8 Gen 2014
SIRIA, DOVE ESSERE CRISTIANI E’ UNA COLPA
FT AG RF 08.01.2013
DAMASCO (RIVER FLASH)- In Siria i cristiani sono due milioni e rappresentano il 10 per cento della popolazione. Alcuni di loro parlano ancora l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo.
Nella Siria di oggi, martoriata dalla guerra civile, queste minoranze sono coinvolte nei furiosi scontri tra i militari di Assad e i ribelli dell’opposizione. Quelli nei pressi della città di Maalula, nel sud-ovest della Siria, considerata cuore della cristianità, sono prova di una crescente tensione settaria.
A inizio settembre, dopo essersi rifiutati di convertirsi all’Islam, almeno dieci cristiani sono stati giustiziati dai miliziani del fronte jihadista Jabhat al-Nusra, che stava tentando di prendere la città. Il tutto mentre le cupole delle chiese diventavano bersagli per le postazioni di mortaio dei ribelli. Si stima che a Maalula l’intera popolazione cristiana sia ormai fuggita. È una tendenza presente in tutto il paese. Il 60 per cento dei cristiani siriani si sarebbe stabilito oltreconfine, secondo il quotidiano britannico “The Independent”.
A gennaio, i ribelli dell’Esercito Siriano Libero (Esl) hanno attaccato Latakia, saccheggiando una moschea sciita e due chiese cristiane. All’inizio di agosto, anche i jihadisti di Jabhat al-Nusra hanno fatto irruzione nella città, assediandola a bordo di carri armati con bandiere nere recanti la shahada, la professione di fede musulmana.
Man mano che i ribelli avanzavano le persone hanno lasciato la periferia di Latakia per riversarvi nel centro, racconta un testimone. “Hanno distrutto i villaggi attorno alla città e hanno saccheggiato una chiesa”, dice. “Ci odiano. Odiano i cristiani che vivono lì”.
La città Maalula è in gran parte un cumulo di macerie. Centinaia di famiglie sono state costrette a fuggire dalle loro abitazioni, per un bilancio che registra 1.200 cristiani uccisi e altri 450.000 sfollati. Cifre allarmanti, se si considera che la comunità cristiana rappresenta solo il 5% della popolazione siriana. Il caso del rapimento di padre Dall’Oglio, il gesuita italiano sequestrato il 29 luglio scorso e di cui si sono perse le tracce, è senza ombra di dubbio il segno più tangibile di una crisi giunta ormai al suo punto di non ritorno, in cui la comunità cristiana ha finora assistito passivamente.
“Il più bel regalo che potrei ricevere per Natale sarebbe quello di tornare a Maalula”, diceva Hneineh Taalab, a cui i jihadisti hanno ucciso il fratello e il cugino, rei di non volersi convertire alla religione islamica. Ancora non ha realizzato il suo sogno.