AG.RF.(redazione).23.09.2020
“riverflash” Riportiamo di seguito le significative considerazioni sulla scuola, del filosofo Umberto Galimberti, intervenuto al festival della filosofia in corso a Modena. Ecco la sua ricetta: “I docenti dovrebbero essere selezionati con test personalità, per evitare che docenti non in grado di insegnare e di appassionare rovinino in 40 anni di carriera la vita di intere generazioni di studenti”, i genitori espulsi da scuola e ogni classe dovrebbe avere un massimo di 12 alunni”.Davanti al pubblico assiepato in versione distanziamento nella grandissima piazza dei Martiri a Carpi, il filosofo ha affrontato il tema della tecnica all’interno del concetto di “macchine”, che è stato il filo conduttore dell’Edizione 2021 del Festival modenese, giunto alla sua diciassettesima edizione. Un’edizione che cade in un periodo che ha visto la morte di molti filosofi, da Bodei a Gregory, da Giorello a Vegetti e che spinge Galimberti a chiedersi se anche la filosofia sia morta.
“Bisogna estendere la filosofia a tutte le scuole e inserirla fin dalla prima elementare”. La scuola, inoltre, “dovrebbe approfittare del Covid per fare investimenti strutturali che la cambino per sempre, come ridurre gli alunni per classe: non più di dodici, se davvero vuole educare i nostri giovani. Sempre più nichilisti, deprivati del futuro e indotti a vivere di notte o a drogarisi e a bere perché di giorno nessuno li riconosce”. E gli insegnanti?
“E’ morta – spiega lui – ma risorgerà a una sola condizione, che voi rimaniate una comunità pensante”. Poichè non basta la conoscenza, prosegue Galimberti, “la conoscenza ce la dà la scienza, ma è la filosofia a detenere la funzione della messa in discussione delle conoscenze e delle idee che abbiamo, non dobbiamo perdere l’abitudine a pensare” e a mettere in discussione quello che ci viene propinato. E in questo bisogna esercitarsi fin da piccoli, ecco perché – spiega il filosofo, che in passato è stato pure insegnante nei licei – “occorre estendere la filosofia a tutte le scuole e inserirla fin dalla prima elementare, poiché pensare non è un optional”.
E invece? “E invece si punta a eliminare la filosofia dalle scuole e purtroppo verrà abolito anche lo studio del greco”. Del resto, a che serve la filosofia fu chiesto ad Aristotele. “E aristotele rispose: non serve a niente perché la filosofia non è una serva”. E invece la filosofia viene in soccorso all’umanità pensante, specie in un periodo che premia il primato della tecnica. “Ma la tecnica non apre scenari di salvezza, non dice la verità”, ammonisce Galimberti di fronte a un pubblico ammutolito.
“Noi”, prosegue, “non abbiamo più la possibilità di scegliere davanti ai dettami della tecnica. Non posso scegliere se avere e non avere un computer o un telefonino. A mano a mano che scarica su mercato le sue novità tu le devi comprare, penal’esclusione sociale. Non possiamo esonerarci. Se il mondo si svolge nella rete io non posso estraniarmi dalla rete”. Galimberti sottolinea il ruolo ancillare della politica. “La tecnica decide come si fanno le cose – osserva – ma è la politica che dovrebbe decidere se certe cose si fanno. Ma la politica guarda all’economia e l’economia non è l’ultima istanza decisionale perché l’economia guarda alla tecnica, che a sua volta alletta l’economia nei suoi investimenti. Dunque a decidere è la tecnica, non la politica e nemmeno la democrazia. Che non è solo l’esercizio del voto, ma soprattutto la riduzione delle liste d’attesa in ospedale, gli asili nido per liberare le donne”.
La tecnica da parte sua consente a chi la gestisce di sentirsi estraneo a ogni profilo di responsabilità per i danni che compie, un po’ come i nazisti che si limitavano a dire di sentirsi a posto con la coscienza poiché si limitavano a eseguire degli ordini. Un po’ come i professori a scuola, protesta Galimberti: “basta che facciano i loro programmi e lo sono a posto anche se non hanno guardato mai in faccia i loro studenti. È finito lo sguardo clinico, come per i medici che devono obbedire ai protocolli se si vogliono salvare da ogni profilo di responsabilità, se sei un funzionario devi fare quel che ti dicono”.
Ma torniamo ai giovani. “Provate a chiedere ai giovani che cosa sia il futuro. Per noi era una certezza, per esempio la certezza di trovare un lavoro subito dopo la laurea. Per loro il futuro è una minaccia. Quando io mi sono laureato sapevo che avrei insegnato entro due anni, oggi per loro non è certo così. Se bevono e si drigano lo fanno e vivono di notte è perché di giorno chi li chiama per nome? Chi li prende in considerazione?” Eppure, “hanno il massimo della loro forza dai 15 anni. Hanno il massimo della potenza sessuale ma non possono procreare prima dei 35 anni. Hanno il massimo della potenza mentale a quell’età. Perché non usiamo il grande potenziale che hanno nella loro testa? Il momento ideativo è a quell’età”. Ecco la fonte primaria del nichilismo diffuso, “manca lo scopo: perché mi devo impegnare? Perché devo vivere?”.
Ed ecco il ruolo della scuola. “La scuola non dovrebbe avere solo l’istruzione come scopo. La mente non si apre se non si apre il cuore. Quanti di noi hanno studiato tantissimo alcune discipline grazie al fatto che avevano insegnanti affascinanti e quanti hanno studiato poco o niente perché detestavano alcuni altri professori? Perché la scuola funzioni, per prima cosa deve educare che significa riportare all’ordine emotivo e sentimentale. Altrimenti si resta a livello pulsionale. I sentimenti si imparano, sono doti culturali. Le nostre nonne ci raccontavano le storie e in quelle storie vedevano il bene e il male. Dobbiamo reintrodurre la letteratura nelle scuole, confrontarci con il suicidio, con la gioia. Se tu interiorizzi concetti come gioia, suicidio, disperazione, passione, sei educato, ed eviti di fare le cose tragiche a cui assistiamo periodicamente: che razza di società stiamo costruendo?”
Ma la scuola, e questo Galimberti lo ripete da anni come un mantra ormai, “non dovrebbe prevedere classi con più di 30 alunni altrimenti vuol dire che ha deciso che non intende educare. Le classi non devono avere più di dodici, tredici persone e la scuola dovrebbe approfittare del Covid per fare investimenti strutturali che la cambino per sempre. Il fatto che abbiamo ministri scarsi è perché la scuola non interessa a nessuno”. Non solo classi ridotte. Galimberti contesta il sistema di reclutamento dei docenti. I quali, a suo dire, non hanno svolto, nel loro percorso, studi di psicologia dell’età evolutiva: “Hanno a che fare con persone di quell’età e non sanno nulla di psicologia?”.
Peraltro, secondo il filosofo, non possono insegnare persone che non appassionano gli studenti e che in 40 anni di carriera rovinano intere generazioni: “Io non ho ho problemi ad apprezzare un professore carismatico che plagia le classi – precisa – ma vanno penalizzati coloro che rovinano gli studenti. Ci sono persone che inducono al suicidio, perché aggiungono elementi negativi ad altri elementi negativi già presenti nella testa e nell’esistenza dei ragazzi. Occorrerebbe selezionare i professori con test che valutino la personalità, occorre verificare se il docente ha passione e se è capace di appassionare”.
I genitori, da parte loro, “devono essere espulsi dalla scuola perché la loro presenza evita al ragazzino di prendersi le sue responsabilità. I genitori sono interessati alla promozione e il prof per evitare questioni estive davanti al Tar finisce per promuovere tutti. Ma in questo modo non si costruisce una struttura meritocratica. In Italia siamo ancora cittadini, siamo ancora parenti. E finché non si arriva al merito non avremo nessuna società civile. Questa è la mia riforma della scuola ma non si farà mai”
Fonte: Orizzonte scuola.it
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