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SIAMO TUTTI ALIENATI?

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AG.RF.(Claudio Peretti).15.06.2017

“riverflash” – I recenti fatti di cronaca, paragonati alla mia quotidianità, mi hanno portato ad alcune conclusioni e ragionamenti che vorrei condividere con qualcuno. Quello che mi ha fatto meditare di più è la madre che ha dimenticato la bambina sull’auto, convinta di averla lasciata all’asilo per poi trovarsela la sera, alla fine del lavoro, sull’auto, morta! Ora i giudici stanno indagando sulla possibile colpevolezza: omicidio preterintenzionale? Ma povera donna, povera mamma! Tutta la vita avrà un rimorso che le peserà come un macigno, la condanna se l’è già assegnata, molto peggio di qualsiasi carcere! Allora, invece di condannare una povera donna alienata c’è da chiedersi: dove stiamo andando? Che razza di civiltà è la nostra che produce simili disgrazie? Siamo poi certi che la nostra società, tutta imperniata sulle tecnologie, si possa veramente definire una società civile? Se analizziamo a fondo quello che succede ogni giorno ad ognuno di noi, possiamo affermare che stiamo vivendo la nostra vita in maniera decente? Chi non dimentica le chiavi, che so, gli occhiali o addirittura il cellulare da qualche parte e poi fatica a ritrovarlo? Ma dove eravamo quando abbiamo posato il nostro oggetto su qualche mensola, senza sapere quello che facevamo?

Devo ammetterlo, a me succede spesso. Oppure mi è anche successo, quando lavoravo tutti i giorni nello stesso posto, e quindi quando facevo quasi sempre lo stesso percorso in auto, di prendere quella strada, distrattamente, anche se dovevo andare da un’altra parte. Perché ci succede questo? Perché non siamo presenti a noi stessi, perché abbiamo sempre qualcosa d’altro a cui pensare, qualche programma da realizzare, qualche preoccupazione che ci porta via la mente. E questo ci viene da questa nostra civiltà, dal nostro modo di vivere e di pensare. Prima siamo bambini e dobbiamo pensare agli esami, alle interrogazioni di scuola, ad andare alle lezioni di calcetto, poi cresciamo e dobbiamo pensare all’università, a farci una posizione, al lavoro… E sul lavoro dobbiamo fare programmi, previsioni, dobbiamo insomma spingerci sempre più nel futuro, trascurando il presente, trascurando di vivere, trascurando di cogliere l’attimo! La nostra civiltà ci impone una vita spasmodica, sempre proiettati fuori dal corpo, fuori dall’attimo, sempre pensando alla meta, mai al viaggio. Ma, pensandoci bene, se proprio ci dobbiamo preoccupare di raggiungere la meta, pensiamoci bene alla nostra meta, a quella finale, a quella che dobbiamo raggiungere tutti, ad una bella casa da morto ed al cimitero… Ecco, abbiamo perso di vista il nostro viaggio, che potrebbe essere goduto fino in fondo, per concentrarci sul punto di arrivo. E che succede quando non siamo presenti a noi stessi, non stiamo cogliendo ogni nostro attimo? Quel periodo della nostra vita non viene registrato nella memoria, come se facessimo una ripresa col cellulare e non pigiassimo il tasto di start: nella nostra mente non resta nulla, abbiamo perso gli occhiali, le chiavi dell’auto e quanto altro perché noi non eravamo in noi quando abbia fatto quell’azione. E qui veniamo alla mamma che si è dimenticata la bimbetta sull’auto: lei stava andando al lavoro, pensando ai problemi che in ufficio o in fabbrica avrebbe incontrato. Lei non era presente a se stessa, non ha vissuto veramente il viaggio. Quello che le era rimasto nella memoria era la stessa azione ripetuta e fatta qualche giorno prima: chissà quanti giorni, per cui è arrivata al parcheggio in ditta, è uscita dall’auto, sempre pensando al dopo ed il terribile guaio è stato fatto in maniera del tutto inconsapevole: tutto dovuto alla non presenza a se stessi, alla mancata consapevolezza della propria vita. Di questi fatti ne succedono tanti, per fortuna i bimbetti che muoiono sono pochi e, direte voi, c’è una bella differenza fra non sapere dove si sono lasciate le chiavi e gli occhiali o se si ha lasciato la propria figlioletta all’asilo. Ma io dico che è la stessa cosa, noi non siamo  presenti a noi stessi, e questo succede a causa della nostra cultura, fatta di piani, di programmi, di preoccupazioni, fatta di assoluta mancanza della capacità di vivere pienamente il presente, che è tutto quello che abbiamo.

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