AG.RF.(MP).28.01.2016
“riverflash” – Sala operatoria affollata ma non a causa dei interventi chirurgici, bensì per il sovraffollamento di pazienti che l’ospedale San Camillo di Roma non riesce a sistemare ed è quindi costretto a ricoverare in situazioni disagiate. L’ospedale romano ( e non è l’unico), non riesce più a garantire posti letto ai pazienti e così, chi sale dal reparto di Neurochirurgia, per essere operato, rimane “direttamente” in sala operatoria, con la conseguenza che i tempi d’attesa per gli interventi si allungano e l’attività chirurgica si blocca. Il primario della rianimazione del nosocomio romano, Alberto Delitalia, ha spiegato che “si tratta di una scelta obbligata: lasciare i pazienti in sala operatoria, significa proteggerli perché lì, vengono costantemente monitorati con il controllo dei parametri vitali, dalla pressione arteriosa al battito cardiaco”. Ma quanto rimangono i pazienti in sala operatoria? “Almeno 3 o 4 giorni e addirittura molti di essi, ‘assistono’ anche in diretta, a operazioni di altri pazienti”, fino a quando si crea un affollamento esagerato e allora i chirurghi sono costretti a fermarsi. E’ stato riferito che a fine mese, arriveranno 20 nuovi posti letto in rianimazione, mentre i medici si sono attivati, scrivendo alla Regione Lazio, per suggerire di “dirottare” i malati, verso altri centri di Neurochirurgia, specialmente quelli che sono da curare con urgenza: per asportare un tumore cerebrale benigno, si aspetta anche fino a 5 mesi.
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