di Stefania Catallo (AG.RF 11.01.2016 16:30)
(riverflash) – I fatti accaduti a Colonia, Stoccarda e in altre città tedesche ed europee durante la notte di Capodanno, ovvero la serie di aggressioni contro le donne da parte di gruppi di uomini per lo più immigrati, ci pone davanti a seri interrogativi e soprattutto all’assoluta necessità di un’analisi imparziale e approfondita della vicenda.
L’ondata migratoria della scorsa estate, diretta nei Paesi del Nord Europa aveva provocato reazioni diverse e contrarie nell’opinione pubblica e nei governi coinvolti dal fenomeno. Le immagini di famiglie in fuga dalle zone di guerra, che attraversavano i confini europei correndo a perdifiato, ci hanno accompagnato dai notiziari e dai giornali; le interviste ai giovani laureati che cercavano in Europa una vita migliore, lontana dalla dittatura e dagli orrori della guerra ci hanno colpito provocando un’ondata generale di empatia, e di disapprovazione quando l’Ungheria aveva iniziato la costruzione del muro lungo il confine con la Serbia, così come la Bulgaria e la Grecia avevano già fatto costruendone di altri verso la Turchia.
Al di là delle implicazioni politiche, mi sono più volte domandata se l’Europa fosse pronta ad accogliere migliaia di profughi sconosciuti dal punto di vista culturale e antropologico, provenienti da Paesi in guerra, senza sapere quasi nulla di questi conflitti, né da chi fossero scatenati né tantomeno da chi venissero finanziati; in pratica senza altre notizie se non quelle generiche diffuse tramite i media. La nostra ignoranza, intesa come mancata conoscenza, non ci ha permesso di distinguere gli infiltrati, nonostante la paura dell’IS imponesse il massimo controllo.
Credo che sia giunto il momento di umanizzare i migranti, allontanandoci sia dall’utopia salvifica che dai deliri nazionalistici, e altresì lavorando a una politica internazionale che garantisca lo sviluppo economico dei loro Paesi di provenienza grazie alla cessazione dei conflitti e alla ricomposizione delle fratture interne, in modo che possano rendersi autonomi ed autosufficienti.
E, soprattutto, impegnandoci tutti nella diffusione della cultura e dell’istruzione, in modo che non debbano più ripetersi le aggressioni verso le donne di qualche giorno fa, che ricordano, nonostante il diverso contesto storico, nella strategia e nelle modalità la vicenda delle marocchinate, che ancora pochi di noi conoscono.
Centro Antiviolenza e Biblioteca “Marie Anne Erize”
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