AG.RF.(Claudio Peretti).03.04.2020
“riverflash” I tre argomenti del titolo sono strettamente collegati. La società umana è nata così. Nasce un problema, si cerca di fare in modo di risolverlo o di evitare che si ripeta: si fa una regola. Poi si cerca di farla osservare e nasce la polizia. Poi si catturano quelli che non la rispettano e nascono i tribunali e le prigioni.. e via così.
È inutile continuare a spiegare lo sviluppo storico della società umana, ma, volenti o nolenti, le cose stanno così. Ad un certo punto, come completamento delle regole, si sono fatte le leggi e tutti gli apparati per crearle, farle rispettare e punire i trasgressori sono diventate “istituzioni”. Così sono nati gli stati, come il nostro.
Ma, a questo punto, siccome sia le istituzioni che le regole e le leggi sono state create tempo fa, quando la società era diversa e quando le condizioni erano diverse, accade che molte regole e leggi non siano più attuali o, meglio, non rispondono più alle esigenze della società contemporanea. Purtroppo, però, siccome l’organizzazione per fare rispettare le regole e le leggi anacronistiche sta in piedi e si avvale di tanti uffici ed impiegati, non la si può cambiare di punto in bianco.
Quando si parla di burocrazia, si parla di questo, si parla di regole, di leggi, di uffici ed enti dello stato che non possono essere cancellati di colpo. Per cui, siccome la burocrazia si basa su leggi in vigore che sono fatte rispettare da una pletora di dipendenti pubblici, è inutile che i nostri politici si scaglino contro la burocrazie in termini generici, se desiderano veramente ovviare a questo aggravio di tempi e di denaro per fare funzionare la società civile (qualsiasi cosa: aprire un negozio, un’attività, omologare un prodotto, pagare le tasse e così via) devono cancellare o rifare qualche legge tutt’ora in vigore che rallenta o addirittura blocca le attività dei cittadini.
Pensandoci bene, noi non possiamo che essere cittadini di uno degli stati più burocratici del mondo. Abbiamo oltre 165.000 leggi, contro le 7500 della Francia, 5300 della Germania e 3400 del Regno Unito. Ieri ho trovato una circolare del Ministero della Pubblica istruzione che, per fare un decreto di assegnazione di 340.000 €, aveva oltre due pagine di: “Vista la Legge… “ ecc. ecc. in cui la prima legge era un regio decreto del 1924! Potremo mai uscire da questo tunnel della burocrazia?
Ieri ho parlato con un caro amico ingegnere, che è titolare di un’azienda ad altissima tecnologia, in cui anni fa ho lavorato anch’io, che vende i suoi prodotti in tutto il mondo e che lavora per il settore aeronautico. Visto che possiedono tutte le specializzazioni ingegneristiche e di produzione che possono essere utilizzate per i ventilatori polmonari, molto utili in questo periodo di polmoniti acute causate dal coronavirus, è stato loro richiesto se fossero disponibile a produrli. É stato invitato un progettista di tale macchina biomedicale, è stata fatta una riunione aziendale per esaminare tutte le problematiche: tecniche, di prezzo, produttive e, alla fine, di certificazione. Quello che è scaturito dalla riunione è sconfortante: mentre c’è la possibilità tecnica, ingegneristica e produttiva di realizzare ventilatori polmonari di buona qualità ad un prezzo ragionevole, per ottenere la certificazione dal Ministero Della Sanità, sono richiesti tempi lunghissimi, per cui si è rinunciato. I tempi per la certificazione sarebbero stati dell’ordine di grandezza di un anno, per cui, visto che in tempi normali la produzione e l’uso dei ventilatori polmonari esistenti soddisfa le necessità, per la ditta del mio amico sarebbe stato inutile e rischioso inserirsi in una nuova fascia di mercato.
Analizzando questo episodio alla luce del ragionamento fatto sopra, sulla nascita delle regole, delle leggi e quindi della burocrazia, si vede come, in caso di necessità, si debba evitare di osservare leggi che non sono valide, ma addirittura dannose. La situazione attuale di emergenza per il coronavirus, vuole che molte persone muoiano per mancanza di ventilatori polmonari che, in tempi normali sono, giustamente certificati o omologati da Ministero della Sanità. Ma, siccome è possibile crearne di nuovi in poco tempo senza sottostare a tutte le regole e le leggi che funzionano in tempi normali, perché non provare con quelli nuovi, che sarebbero in eccedenza rispetto a quelli oggi disponibili? Facendo così magari si salverebbe qualche vita in più.. E poi non è detto che i nuovi ventilatori non ancora certificati funzionino peggio di quelli che lo sono, anche perché sarebbero fatti con tutte le ultime tecnologie, mentre quelli esistenti, proprio per la difficoltà della certificazione, mantengono standard tecnici meno recenti.
In tempi di emergenza, come oggi, cosa ci vorrebbe ad inviare un funzionario presso la ditta del mio amico a controllare, in fase di progettazione e di produzione, che i ventilatori soddisfino allo scopo e non siano pericolosi? In questo modo si farebbe presto e si salverebbero altre vite: perché non farlo? Poi, quando l’emergenza del coronavirus sarà terminata, allora si, si può passare alla fase normale di certificazione del prodotto.
La stessa regola vale per i nuovi farmaci, ma per questi l’orchestra la dirigono le multinazionali del farmaco e, probabilmente, riusciranno a fare azione di lobby presso il nostro ministero in modo da superare ogni ostacolo, soprattutto se la nuova medicina sarà venduta a prezzi molto alti.
Morale: l’Italia è ingessata dalle sue centinaia di migliaia di leggi e non riuscirà ad uscire facilmente dal coronavirus né, dopo, dalla crisi economica che abbasserà il nostro PIL di due punti percentuali per ogni mese di chiusura totale. Le nostre leggi, create in oltre un secolo di regno d’Italia e poi di repubblica, ci stanno frenando e fregando. Volete un esempio? Mio figlio lavora in Svizzera, dove ha una società. A metà della scorsa settimana gli è arrivato un foglio (solo 1) dalla Swiss Bank in cui, per via delle difficoltà causate dal CIVID 19, veniva richiesto di dichiarare il fatturato dello scorso anno, di indicare l’IBAN del proprio conto e la Partita IVA della società. Ha compilato il foglio e lo ha restituito alla Swiss Bank per email: il giorno dopo si è trovato accreditato sul conto aziendale il 10% del fatturato dell’anno prima. OK, si dirà, e se qualcuno dichiara il falso? Per il governo svizzero non fa nulla, intanto si manda avanti l’economia, se qualcuno ha dichiarato il falso, dopo si vedrà e si prenderanno i provvedimenti.
Il tipico modo si fare del nostro governo, invece, è sempre quello di cercare di evitare che qualcuno rubi o se ne approfitti. Facendo in questo modo, però, ossia ritenendo i cittadini colpevoli comunque e che quindi siano loro a dover dimostrare la propria innocenza e onestà, si blocca tutto. Un po’ come eliminare gli autobus e le metropolitane perché qualcuno non paga il biglietto.
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