AG.RF.(MP).20.11.2014
“riverflash” – Le vittime dell’amianto, coloro che sono morti per aver respirato le polveri letali, provenienti dagli stabilimenti italiani della multinazionale Eternit dal 1966 al 1986, non avranno giustizia per effetto della decisione della Cassazione che ha “prescritto” la decisione maturata in primo grado relativa al reato di disastro ambientale doloso con il quale la Procura di Torino aveva messo sotto processo il magnate elvetico Stephan Schmidheiny e la Corte di Appello, il 3 giugno del 2013, lo aveva condannato a 18 anni di reclusione e a pagare 89 milioni di euro di indennizzi. Le numerose famiglie di coloro che sono morti, a seguito della decisione della Cassazione, hanno urlato “vergogna” nell’Aula Magna della Suprema Corte, alla lettura della sentenza che ha mandato in fumo anche la speranza di risarcimenti per il grave fatto accaduto. Durissima è stata la reazione del pm Raffaele Guarigniello che aveva guidato il pool dell’accusa: “Il reato è stato commesso con dolo, per questo abbiamo parlato di omicidio e questo quindi non è il momento della delusione, ma della ripresa, perché non molleremo”. Inoltre l’Inps e l’Inail, che in appello erano state escluse dal novero delle parti civili – sono state condannate a pagare alcune migliaia di euro di condanna alle spese. Ma il conto più salato, lo ha pagato negli anni l’intero Paese. “Per l’Inail – ha dichiarato l’avvocato generale dell’ente Giuseppe Vella – i costi per le sole prestazioni ai lavoratori colpiti dalle patologie provocate dall’amianto sono costate 280 milioni di euro che non si recupereranno più perché il verdetto della Cassazione ha demolito in radice questo processo”. Dunque oltre al danno anche la beffa, mentre i familiari delle vittime, tra le lacrime hanno gridato che “per i poveri non c’è mai giustizia….”.
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