AG.RF.(MP).05.04.2016
“riverflash” – Sono scesi in piazza in tanti, sabato scorso, per chiedere di cambiare la legge Fornero per l’accesso alla pensione. E le richieste, per le quali non occorrerebbero particolari sconvolgimenti, sono state sostanzialmente due: la pensione anticipata con quota 41 e la proroga dell’Opzione Donna. La pensione anticipata, che ha sostituito quella di anzianità, prevede il collocamento a riposo per chi possiede 41 anni e 10 mesi di contributi, se donna e 42 anni e 10 mesi di contributi se uomo, a prescindere dall’età. I requisiti per l’accesso, saranno periodicamente incrementati di 4 mesi nel 2019 e di 3 mesi dal 2021, ogni biennio. Inoltre nel 2018 verrà reintrodotta la penalizzazione percentuale per chi va in pensione prima dei 62 anni. Con la proposta della quota 41 si prevede l’accesso alla pensione per tutti con 41 anni di contributi, e l’assenza di incrementi del requisito nel tempo. La proposta che di per sé sembra piuttosto fruibile, appare però di difficile realizzazione poiché i contributi pagati dai lavoratori servono a foraggiare pensionati d’oro e pensionati che percepiscono trattamenti quasi uguali all’ultimo stipendio, nonostante i pochissimi versamenti. Ma come si fa ad uscire dal mondo del lavoro in modo anticipato, senza pesare sulle casse dello Stato? Con la proroga dell’Opzione donna, un regime sperimentale della legge Maroni che permette alle donne di andare in pensione con 35 anni di contributi, 57 anni e 3 mesi di età, se lavoratrici dipendenti, 58 anni e 3 mesi di età se lavoratrici autonome, con l’attesa di una finestra di 12 mesi per le dipendenti e di 18 mesi per le autonome. In cambio dell’anticipo, l’assegno di pensione deve essere calcolato col sistema contributivo, ma si tratta di un metodo che, basandosi sui soli contributi versati sembra penalizzante. Al momento, con l’Opzione possono andare in pensione solo le lavoratrici che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2015. Il Comitato Opzione Donna propone invece una proroga del regime sperimentale sino al 31 dicembre 2018. Sebbene questa proposta comporti una maggiore spesa nel breve periodo per via dell’aumento del numero dei pensionamenti, nel lungo periodo garantirebbe risparmio, per via della penalizzazione nel calcolo del trattamento.
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