Coppa di Africa dal 13 gennaio
header photo

ingrandisci il testo rimpicciolisci il testo testo normale feed RSS Feed

OSCAR 2015: and the winner is?

Nate D. Sanders Auctions Collection Of Academy Award Oscar Statuettes Set To Be Auctioned

di Valter Chiappa

(AG.R.F. 21/02/2015) (riverflash)

Chi? Chi, composto o baldanzoso, salirà gli scalini che conducono al palcoscenico del Dolby Theatre di Los Angeles, chiamato in Paradiso dalla celeberrima formula magica, “and the winner is…”? Chi verserà lacrime dinanzi al microfono, regalando ai suoi fan facile commozione? Chi pronuncerà parole forti, destinate a restare negli archivi della memoria e di YouTube? Chi si limiterà a sobri ringraziamenti? Chi si vedrà lanciato nell’empireo delle stelle? Chi vedrà riconosciuto il proprio merito artistico solo dopo anni di militanza? Chi invece resterà seduto in platea, applaudendo con un sorriso tirato al successo dei colleghi, ma già con la mente rivolto alla prossima occasione, che forse non ci sarà mai?

L’ 87a notte degli Oscar, quest’anno fissata per il 22 Febbraio, è pronta a scatenare la passione che diventa sana partigianeria di chiunque ami il cinema e la sua magia. E noi stiamo al gioco, un gioco pericoloso per chi pubblica, ipotizzando, per le categorie principali, dei nomi in risposta a tutti quei “chi?”. Anche un pronostico, ma per noi il pretesto per un viaggio sentimentale, un volo sulla carrellata di emozioni che anche quest’anno il cinema ci ha regalato, nell’illusorio tentativo di catalogarle.

MIGLIOR FILM

Candidati: “American sniper” di Clint Eastwood, “Birdman” di Alejandro González Iñárritu, “Boyhood” di Richard Linklater, “Grand Budapest Hotel” di Wes Anderson, “The imitation game” di Morten Tyldlum, “Selma – La strada per la libertà” di Ava DuVernay, “La teoria del tutto” di James Marsh, “Whiplash” di Damien Chazelle.

Per noi non c’è storia. “Birdman” è il film. Per genialità, magniloquenza, sfrenata ambizione, storia, tecnica somma.

Non meritano nemmeno il confronto produzioni patinate come “The imitation game” e “La teoria del tutto”, soprattutto se, come in quest’ultimo, si strizza furbescamente l’occhio al facile consenso, percorrendo i binari dell’immediato sentimentalismo. “Whiplash”, da taluni salutato come un capolavoro, in realtà, a nostro vedere, si fa apprezzare solo per valori tecnici. “Grand Budapest Hotel”, nonostante l’inventiva sfrenata che per una volta sovrasta la solita confezione caramellosa, alla fine non è che un mero esercizio dello “stile Wes Anderson”, condotto sino al virtuosismo.

Il film di Iñárritu per noi prevale pacificamente anche su opere solide come il granito, quali “American sniper” e “Selma – La strada per la libertà”. Se Eastwood, pur realizzando un capolavoro del genere, potrebbe pagare per un messaggio scomodamente celebrativo e filo-americano, il film della DuVernay, dal grande coinvolgimento emotivo, risulta azzoppato da alcune cadute di tensione nel racconto della vita privata del protagonista.

Il più verosimile outsider o la migliore alternativa, se i giurati dovessero preferire il registro minimalista a quello altisonante del film di Iñárritu, è “Boyhood”; la mimesi fra cinema e vita, ricercata con pazienza da Richard Linklater nei 12 anni in cui sono state effettuate le riprese, è conseguita in maniera mirabile, soprattutto grazie ad un eccellente lavoro di scrittura.

REGIA

Candidati: Alejandro González Iñárritu (“Birdman”), Richard Linklater “Boyhood”, Bennet Miller (“Foxcatcher”), Wes Anderson (“Grand Budapest Hotel”), Morten Tyldlum (“The imitation game”)

Vedi sopra. Alejandro González Iñárritu senza dubbio, vittoria per distacco. In “Birdman” la sua macchina da presa vola letteralmente, come il suo protagonista. I piani sequenza infiniti, il punto di vista a volo d’uccello sono solo gli aspetti più evidenti di una tecnica virtuosistica e innovativa, di fronte alla quale gli avversari scompaiono.

Sì, scompaiono. Di “Boyhood” apprezziamo il progetto, non certo la regia convenzionale. Miller e Tyldlum non pervenuti, in particolare il secondo.

Attenzione però a Wes Anderson. In “Grand Budapest Hotel” il contafavole texano, sorretto dal cast stellare che è riuscito a metter su, da il meglio delle sue capacità espressive. Se noi preferivamo il tocco poeticamente infantilistico di “Moonrise kingdom”, la giuria di Los Angeles potrebbe essere colpita dal rutilante fuoco di fila delle invenzioni e dal barocco traboccante delle immagini sature di colore.

Due estri geniali a confronto: l’uno, Iñárritu, proteso a costruire un grattacielo, l’altro, Anderson, abilissimo nel produrre nuvole di zucchero filato. E se dovesse prevalere quest’ultimo, la ben celata furberia, che noi maliziosamente ravvisiamo nella sua mano, l’avrebbe fatta franca.

SCENEGGIATURA ORIGINALE

Candidati: Alejandro González Iñárritu, Nicolás Giacobone, Alexander Dinelaris e Armando Bo (“Birdman”), Richard Linklater (“Boyhood”), Dan Futterman e E.M. Frye (“Foxcatcher”), Wes Anderson (“Grand Budapest Hotel”), Dan Gilroy (“Lo sciacallo – The nightcrawler”)

Anche qui: lotta è fra “Birdman” e “Boyhood”. Cosa preferiranno i giurati, magniloquenza o minimalismo? La complessa stratificazione di piani di lettura del film di Iñárritu o l’adesione totale al vero, vangelo di Linklater? In entrambe le opere c’è gran lavoro di scrittura ed estrema abilità tecnica. Noi, amanti dell’opulenza e della facondia, tifiamo sfacciatamente per “Birdman”, ma non potremo negare gli argomenti di chi giudica con un metro differente. Gli altri dovrebbero mangiare la polvere.

SCENEGGIATURA NON ORIGINALE

Candidati: Jason Hall (“American sniper”), Graham Moore (“The imitation game”), Paul Thomas Anderson (“Vizio di forma”), Anthony McCarten (“La teoria del tutto”), Damien Chazelle (“Whiplash”)

Una delle categorie più incerte. Il plot di “The imitation game” è troppo convenzionale come tutto il film; furbo e melenso quello di “La teoria del tutto”; tirato ma privo di spessore quello di “Whiplash”.

Non è certo la sceneggiatura il punto di forza di “American sniper”, che secondo noi avrebbe dovuto concorrere per la miglior regia; ma il filmone di Clint Eastwood qualche premio dovrà pur riceverlo, e questo sembra quello più a portata di mano.

Noi peraltro preferiamo il profluvio di situazioni e personaggi, in bilico fra noir, comico e surreale, steso giù da Paul Thomas Anderson per il suo “Vizio di forma”.

MIGLIOR ATTORE PROTAGONISTA

Candidati: Steve Carell (“Foxcatcher”), Bradley Cooper (“American sniper”), Benedict Cumberbatch (“The imitation game”), Michael Keaton (“Birdman”), Eddie Redmayne (“La teoria del tutto”)

Cominciamo da chi avremmo voluto: David Oyelowo che, in “Selma – La strada per la libertà”, ridà vita in maniera sorprendente al Reverendo Dr. Martin Luther King. Fra i candidati, bravi Steve Carell e Bradley Cooper; bravissimo Benedict Cumberbatch, che con la sua interpretazione di alta scuola regala l’unica medaglia ad un film, “The imitation game”, che per noi resta il vero oggetto misterioso di questa edizione.

Ma la lotta dovrebbe essere fra Michael Keaton, che, ottenuto in “Birdman” il ruolo della vita, risponde alla grande con una performance sopra le righe come tutto il film e Eddie Redmayne, che dà fondo a tutte le sue capacità tecniche per immedimarsi nello scomodo ruolo di Stephen Hawking. Favorito quest’ultimo, se la facile commozione avrà il sopravvento.

MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA

Candidate: Marion Cotillard (“Due giorni, una notte”), Felicity Jones (“La teoria del tutto”), Julianne Moore (“Still Alice”), Rosamund Pike (“Gone girl – L’amore bugiardo”), Reese Witherspoon (“Wild”)

Sebbene Marion Cotillard meriterebbe senz’altro un riconoscimento, per la toccante interpretazione di un’operaia che lotta in difesa del posto di lavoro nel film dei Fratelli Dardenne, è difficile che la bella francese riceva una seconda statuetta, dopo il trionfo per  “La vie en rose”.

Ci sono piaciuti molto lo sguardo torbido e il fascino perverso che Rosamund Pike ha donato alla dark lady di “Gone girl – L’amore bugiardo”. Ma vincerà Julianne Moore, per il peso della sua carriera e il ruolo commovente sostenuto in “Still Alice”.

MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA

Candidati: Robert Duvall (“The Judge”), Ethan Hawke (“Boyhood”), Edward Norton (“Birdman”), Mark Ruffalo (“Foxcatcher”), J. K. Simmons (“Whiplash”)

Il nome più in vista è evidentemente quello del vecchio leone Robert Duvall. L’attore che, con le sue partecipazioni a capolavori come “Il padrino” e “Apocalypse now”, è entrato a pieno titolo nella storia della settima arte, a 84 anni suonati, in “The Judge” (pellicola peraltro non eccezionale), interpreta un ruolo che sembra essere un commiato al suo pubblico. Naturale pensare che la giuria possa voler onorare con una statuetta più che la sua performance, la sua straordinaria carriera. Per contro Duvall ha già ottenuto l’ambito riconoscimento nel 1984, con la sua partecipazione a “Tender mercies – Un tenero ringraziamento”.

Per noi potrebbe essere finalmente il momento di Edward Norton. L’attore di Boston, idolatrato dai suoi fan dopo le memorabili partecipazioni a film di culto come “Schegge di paura”, “Fight club” e “La 25a ora”, meriterebbe a nostro vedere l’Oscar per l’interpretazione di mestiere ma estremamente efficace di un attore smargiasso ed egocentrico, che contende il palcoscenico al protagonista di “Birdman”.

Ma per i bookmakers il vincitore più probabile resta J.K. Simmons per il ruolo facile facile, ma sostenuto magistralmente, dell’inflessibile insegnante di musica, che in “Whiplash” perseguita sadicamente uno studente di batteria.

MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA

Candidate: Patricia Arquette (“Boyhood”), Laura Dern (“Wild”), Keira Knightley (“The Imitation Game”), Emma Stone (“Birdman”), Meryl Streep (“Into the Woods”)

Col cuore diremmo Emma Stone, per l’intensità che riesce a dare al personaggio della figlia problematica in “Birdman”, asciugando il suo fisico già esile e scavando il viso delicato, fino a ridurlo a due soli grandi occhi verdi che guardano il cielo.

Ma il ruolo più completo, il personaggio meglio disegnato è quello della madre interpretata da Patricia Arquette in “Boyhood”; nei 12 anni di sviluppo della vicenda, corrispondenti ai tempi effettivi delle riprese, la complessa evoluzione di una donna e delle sue problematiche, sottolineata dalla reale mutazione fisica, viene resa in maniera davvero attendibile dall’attrice statunitense. È su lei quindi che si appuntano i nostri pronostici.

Fa piacere il riconoscimento alla sempre brava Laura Dern; inspiegabile stavolta la candidatura di Keira Knightley, altre volte più convincente. Doveroso menzionare l’infinita Meryl Streep, giunta alla 19a candidatura; la prima, per “Il cacciatore” risale a 36 anni fa!

MIGLIOR FILM STRANIERO

Candidati: “Ida” di Paweł Pawlikowski (Polonia), “Mandariinid” di Zaza Urushadze (Estonia), “Leviathan” (“Leviafan”) di Andrej Petrovič Zvjagincev (Russia), “Timbuktu” di Abderrahmane Sissako (Mauritania), “Storie pazzesche” (“Relatos salvajes”) di Damián Szifrón (Argentina)

La strada sembra spianata per “Ida”, il film polacco amatissimo dai critici, che, uscito nel 2013, sembra sia stato tenuto nel cassetto nell’edizione dello scorso anno per non essere travolto dal ciclone Sorrentino. Il nitore delle immagini in un impeccabile bianco e nero e la perfezione formale di ogni inquadratura, così come di ogni movimento di macchina sono rimasti bene impressi anche nella nostra memoria.

Non di meno, per pura predilezione personale, tiferemo per l’intenso, struggente “Timbuktu” del maestro africano Abderrahmane Sissako, trionfatore agli ultimi César.

ALTRE CATEGORIE

Pronostici a gogò! Senz’altro premio a Dick Pope per la magica fotografia con cui in “Turner” ricrea in modo stupefacente l’ineffabile luce dei dipinti del grande pittore inglese. La statuetta più meritata, fra le 8 per cui “Grand Budapest Hotel” concorre, ci pare quella destinata alla scenografia realizzata da Adam Stockhausen. Adrenalinico e martellante come una batteria il montaggio di “Whiplash”, firmato da Tom Cross. Suggestiva la colonna sonora scritta da Hans Zimmer per “Interstellar”, anche se una sua vittoria suonerebbe come una beffa per il compositore Alexandre Desplat, presente nella categoria con ben 2 nomination (“Grand Budapest Hotel” e “The imitation game”).

E allora appuntamento alla notte del 22 febbraio.

Noi che non abbiamo altri dei, vibreremo ancora di emozione quando, nel silenzio generale, si leverà una voce. “…and the winner is…”

Nessun Commento »

Puoi lasciare una risposta, oppure fare un trackback dal tuo sito.


Vuoi essere il primo a lasciare un commento per questo articolo? Utilizza il modulo sotto..

Lascia un commento


Heads up! You are attempting to upload an invalid image. If saved, this image will not display with your comment.

*