4 Mag 2017
NON SPARATE SULLA LIBERTA’ DI UN GIORNALISTA!
Le foto e il ricordo di Andy Rocchelli in mostra al Festival dei Diritti Umani.
Di Maria Michela D’Alessandro (AG.RF. 04.05.2017) (river flash) – A scuola non si insegnano più i significati delle parole. Siamo tecnologici, siamo veloci, abbiamo il mondo in una mano ma non compriamo più un dizionario. E cosa se ne fa di un dizionario un bambino di oggi, con gli stimoli di internet e carico di libri? Lo legge, risponderebbe Umberto Eco. Lo guarda e ci si perde, rispondo io. In occasione della Giornata Mondiale della libertà di stampa, ho deciso di aprire proprio un dizionario e cercare una parola che mi piace pronunciare spesso, da giornalista e da donna: libertà. L’ho cercata perché pensavo al giornalismo di oggi e alle sue difficoltà, a Gabriele Del Grande, ad Andrea Rocchelli e alla libertà. “Libertas, libertatis” si coniuga al liceo classico, “l’esser libero, lo stato di chi è libero,” si legge sulle prime righe della Treccani.
La libertà, come le parole, si può ancora insegnare, tra i banchi di scuola, a casa o durante un festival. Alla Triennale di Milano, fino al 7 maggio, è proprio lei, la libertà, ad essere protagonista della seconda edizione del Festival dei Diritti Umani. Film, documentari e dibattiti sui diritti negati, sui soprusi, sulle battaglie combattute, perse e a volte anche vinte. “Ogni parola ha conseguenza. Ogni silenzio anche,” recita il titolo del Festival, dove studenti delle scuole superiori si trovano a fianco ai grandi nomi del giornalismo e non solo. Spazio anche all’arte e alle foto di Andrea Rocchelli, nella mostra inaugurata proprio in occasione della Giornata Mondiale della libertà di stampa, “Dall’ultimo fronte. L’Ucraina di Andy Rocchelli e Andrej Mironov.” Andy, come lo chiamavano tutti, raccontava la guerra attraverso le sue foto crude e libere, da freelance. Sono passati quasi tre anni da quel 24 maggio del 2014, da quando un colpo di mortaio ha spezzato la vita del fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e dell’attivista russo Andrei Mironov. Si trovava in Ucraina Andy, in prossimità della città di Sloviansk, ad est del paese, per documentare la guerra iniziata da poco nel Donbass. L’esposizione degli ultimi scatti della sua carriera non vogliono solo mostrare a cosa stesse lavorando prima di morire, ma essere un monito alla giustizia che Andy ancora non ha avuto.
L’Ucraina, come la Turchia, la Corea del Nord e la Siria, lì la figura del giornalista non ha lo stesso significato delle righe di un dizionario, e nel barometro relativo ai giornalisti uccisi nel 2017 di Reporters Without Borders, sono già 8 quelli a cui è stato levato il diritto di libertà. La battaglia da portare avanti è ancora lunga, ma se “la libertà d’espressione è fatta di parole e azioni, di inchiostro e bombolette spray, di ricerca artistica e comportamenti individuali,” scrivono gli organizzatori del Festival, si può ancora credere in questo mestiere e nella libertà.