AG.RF 03.11.2014 (ore 14:48)
(riverflash) – Il conflitto interno esploso tra il 2013 e il 2014 in Repubblica Centrafricana tra la milizia islamica, Seleka, e quella cristiana, anti-balaka, ha avuto una nuova intensa ondata di violenze nelle ultime settimane, principalmente nella capitale Bangui: nel mese di ottobre si contano 11 vittime tra i civili e 2 tra i caschi blu, mentre si parla si oltre 250di feriti tra la popolazione e 13 tra le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite.
Il lavoro delle organizzazioni umanitarie è stato, di conseguenza, notevolmente compromesso: la guerriglia diffusa ha limitato l’assistenza ai gruppi più vulnerabili, soprattutto nella capitale, e l’accesso ai servizi di base è stato ostacolato dalle barriere erette dalle bande armate.
Dall’inizio delle ostilità 485,093 persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case per sottarsi alle violenze e agli scontri e oltre 900.000 persone hanno cercato rifugio negli in Ciad, Camerun, Repubblica Democratica del Congo.
Il periodo di transizione della Presidentessa Catherine Samba Panza e l’insediamento della forza di transizione dell’ONU MINUSCA sembravano fino a poche settimane fa proseguire regolarmente. Eppure non solo si è registrato un aumento di scontri tra fazioni ex-Seleka e anti-Balaka ma la criminalità armata è il fenomeno che maggiormente scuote il paese: gruppi di banditi appartenenti a diverse fazioni anti-balaka continuano a saccheggiare le case, a compiere atti di violenza e terrorizzare i civili. La situazione di crisi che ha caratterizzato la capitale Bangui nei giorni scorsi sta avendo infatti conseguenze devastanti in termini di criminalità, alimentando la proliferazione delle armi e attirando nella capitale individui senza scrupoli venuti qui solo alla ricerca di un bottino. Le prossime settimane si prospettano critiche
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