AG.RF.(redazione).20,03,2024
Il calendario completo degli eventi organizzati dal museo
“riverflash” – Nel Risorgimento anche l’atto di mangiare si rivestì di un significato politico, contribuendo a tener viva la memoria della patria lontana negli esuli come a costruire la nuova realtà nazionale a partire dal mosaico dei territori preunitari.
Parte da questo assunto la conferenza “Esilio e volontariato in armi nell’Ottocento: una questione (anche) gastronomica”, che si terrà al Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina sabato 23 marzo alle ore 16.00. Durante il processo di unificazione nazionale, l’identificazione di una cucina italiana – culminata nella sintesi di Pellegrino Artusi del 1891 – ha contribuito a definire appartenenze regionali e nazionali, rispondendo ad un processo di «invenzione patriottica» a cui hanno contribuito diversi attori. Se Camillo Cavour si avvalse di metafore gastronomiche per rivolgersi alle diverse componenti territoriali della penisola, quali «arance» e «maccheroni» per indicare rispettivamente siciliani e napoletani, gli emigrati politici coltivarono la memoria ed il mito della patria anche attraverso li cibo.
Politica, stereotipi e mito culinario italiano intercettarono le scelte gastronomiche quotidiane di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Mazzini. Attraverso l’analisi dei rispettivi epistolari e memorie, la difficoltà di Mazzini nel riprodurre le ricette genovesi a Londra e l’importazione della cucina sudamericana nel menù garibaldino sono solo alcuni degli esempi che si inseriscono nella più ampia esperienza dell’esilio e del volontariato in armi che, accomunando generazioni di patrioti italiani, restituiscono la dimensione transnazionale della costruzione politico-identitaria.
La condizione dell’esilio fu comune alla generazione dei patrioti italiani che nel corso del XIX secolo combatterono per una patria libera e indipendente. Espulsi dal contesto di provenienza, gli esuli si confrontarono con la cultura dei luoghi di accoglienza, rafforzando la propria identità nazionale. È all’interno di questo contesto che consumare cibo assunse un significato politico. Al pari della forte connotazione genovese che caratterizzò la dieta mazziniana durante il lungo esilio compreso tra i territori svizzeri e la capitale britannica, anche Giuseppe Garibaldi fece della cucina nizzarda un elemento imprescindibile dei suoi pasti consumati durante gli anni trascorsi oltre atlantico. Abbandonata successivamente l’attività di corsaro e stabilitosi nell’isola sarda di Caprera, furono allora i piatti tipici della cucina latino-americana a non mancare sulla sua tavola.
La conferenza, introdotta da Mara Minasi (Responsabile del Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina), proseguirà con gli interventi di Raffaella Ponte, (Presidente Nazionale dell’Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini), Fabio Pietro Barbaro (Presidente della Sezione di Roma ANVRG) e Alice De Matteo (Università degli Studi di Salerno).
Il Museo della Repubblica Romana e della memoria garibaldina ha organizzato inoltre una serie di iniziative didattiche, come la visita guidata a tema Un marinaio di nome Garibaldi (venerdì 22 marzo, ore 11.00) e la Caccia al tesoro di Pasqua alla scoperta del Gianicolo, tra il museo e il parco degli eroi, Passeggiando nel passato (venerdì 29 marzo, ore 11.00). Nel mese di aprile sono infine previste la visita guidata e laboratorio (per bambini tra 8 e 11 anni) Il canto degli italiani – Viaggio nella Roma del 1849 (sabato 13 aprile, ore 11) e la visita guidata a tema In difesa di Roma. Luoghi e vicende della Repubblica Romana del 1849 (sabato 20 aprile, ore 11.00)
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