30 Giu 2013
MICHELE PROSPERO, DOCENTE DI FILOSOFIA DEL DIRITTO, A PROPOSITO DI RENZI, M5S E BERLUSCONI
Intervista Esclusiva (riverflash) – Michele Prospero, docente di filosofia del diritto alla Sapienza di Roma, politologo e collaboratore del quotidiano l’Unità, risponde in esclusiva per Riverflash alla situazione politica degli ultimi anni soffermandosi sul fenomeno del Movimento Cinque Stelle. Inoltre nel corso dell’intervista ci saranno anche degli spunti importanti, in vista della politica come marketing, sulla figura del rottamatore Matteo Renzi, e dell’ex presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
– Abbiamo visto fin da subito che il Movimento Cinque Stelle ha tralasciato la parola “Partito” come atto di vergogna, ed ha basato tutto o quasi sulla democrazia del web cosiddetta diretta e sulla trasparenza filmando ogni qualsiasi interrogazione o altro all’interno dei palazzi comunali. Non crede che il movimento di Beppe Grillo cerca di distaccarsi dagli altri partiti ma in realtà è simile nella logica dei partiti personali?
“Non è solo Grillo a rifiutare la parola partito. I tentativi di ricostruire partiti di rango europeo del resto incontrano molte difficoltà. E quindi continua l’anomalia italiana dei partiti personali. Quello di Berlusconi vanta una forte struttura aziendale e mediatica che fornisce fedeltà, capacità di controllo sugli eletti. Anche Grillo ha una azienda alle spalle ma con una minore estensione e una inferiore attitudine alla sorveglianza. Questo spiega le fughe continue, la difficoltà di imporre una linea politica ai gruppi parlamentari. E’ alquanto illusorio pensare che i programmi, le scelte politiche di fondo non nascano da un confronto fisico, da una esplicita battaglia che si svolge nei congressi, ma dalla rete vista come un luogo magico”.
– Benedetto Croce in una sua vecchia affermazione diceva “Il vero politico onesto è il politico capace”. Cosa ne pensa della proposta del Movimento Cinque Stelle di permettere solo due mandati ai propri candidati. Non crede che in questo modo si andrebbero a perdere quelle personalità, le quali possono far uscire il nostro paese dalla crisi?
“I limiti al numero dei mandati non sono una novità. Anche il vecchio Pci prevedeva due soli mandati, con l’eccezione però dei dirigenti più prestigiosi il cui contributo era ritenuto indispensabile e anche motivo di prestigio per il partito. Una sintesi tra innovazione necessaria e continuità, esperienza è sempre necessaria. Nel lavoro istituzionale non si improvvisa, e la conoscenza delle regole del gioco parlamentare, delle risorse procedurali etc., richiede consuetudine con l’aula”.
– Da vero leader carismatico Beppe Grillo usa la comunicazione in maniera efficace e l’unico a tenerli testa sembra il rottamatore Matteo Renzi. Cosa crede dell’attuale sindaco di Firenze. Potrà secondo lei diventare segretario del Partito Democratico e iniziare la scalata come fece Tony Blair nel Partito Laburista. Oppure lo vede solo come primo ministro di un futuro governo?
“Berlusconi, Grillo e ora Renzi hanno in comune una certa riduzione della politica a leggera comunicazione. Nei prossimi mesi l’Italia avrà uno spazio politico per intero coperto da politici di nuovo conio, cioè esperti nell’intrattenimento, nella fuga dal principio di realtà. Con l’eventuale successo di Renzi come segretario del Pd verrebbe meno l’unico tentativo di ricostruire un modello di partito. Il partito non avrebbe un profilo organizzativo per l’elaborazione culturale, diverrebbe solo un veicolo per la scalata al governo. Siamo in una fase di decadimento della politica in Italia e anche candidature poco sperimentate alimentano attese mitologiche. La politica ha perso misura e la società civile è diventata facilmente manipolabile”.
– Tra i vari libri che ha scritto c’è un analisi critica su Silvio Berlusconi intitolata “Il comico della politica”. Cosa pensa del Cavaliere, della sentenza Rubygate e delle continue contestazioni in piazza davanti al tribunale di Milano con le dichiarazioni molto dure da parte degli esponenti del centrodestra?
“Berlusconi ha indossato una maschera comica per fuggire dalla realtà, per costruire facili narrazioni e venderle con le arti del marketing. Adesso la sua figura si trasferisce dal comico al tragico, la sua vicenda giudiziaria pone fine alla carriera politica. Rimane aperto il problema di cosa sarà la destra dopo Berlusconi. Se diventerà un partito oppure prevarrà una designazione dinastica, come ha fatto Le Pen in Francia con la figlia. Ormai il nodo del sistema politico italiano è gestire senza troppi contraccolpi la inevitabile uscita di scena del Cavaliere”.
– Cosa vede nel panorama della politica italiana. I partiti riusciranno ad acquisire quella centralità che avevano nella prima repubblica. Oppure vede la situazione sempre più vicina ai partiti personali ed ai leader carismatici populisti?
“Continua uno scontro tra la necessaria opera di ricostruzione dei partiti e le tendenze a esprimere figure pseudo carismatiche. Il carisma di cui oggi si discetta tanto, non ha nulla della grandezza e tragicità del carisma analizzato da Weber. Per carisma si intende molto spesso una persona normale, spesso mediocre nella sua effettiva capacità di direzione politica, che viene vista però come una risorsa in quanto la sua figura di statista è inventata dalla copertura mediatica. Il carisma per questo si sgonfia in un batter d’occhio, e dei suoi possessori non rimane neppure un ricordo. Per questo occorre sempre un senso del tempo, un distacco cautelare tra i fenomeni effimeri e le grandi categorie della sociologia politica”.
di Daniele Giacinti (AG.RF 29.06.2013)