AG.RF.(MP).11.10.2016
“riverflash” – “Dopo il referendum cambieremo l’Italicum”, ma la minoranza del Pd non gli crede e annuncia che voterà no. Matteo Renzi è nei guai, abbandonato dalla minoranza, a 15 giorni dal voto del referendum per cambiare o meno la Costituzione. “Non bloccheremo il Paese per tenere il Pd unito”, ha aggiunto il Premier, “l’impegno con gli iscritti, vale più del mal di pancia di alcuni”. Tutto ciò è avvenuto in occasione della direzione del Pd, che è stata piuttosto “animata”, tra dubbi e polemiche di coloro che non si fidano della promessa di modifiche all’Italicum, annunciata dal Presidente del Consiglio. D’altronde egli è convinto che la legge elettorale funzioni bene così e ritiene che le ragioni di divisione siano state amplificate: alla vigilia della Direzione c’è stata una richiesta di unità, un invito a discutere in Direzione, e poi il giorno prima c’è stata una girandola di interviste in cui già si prevedeva il logo dei democratici per il no; “Noi pensiamo che il Pd possa discutere sui tre punti fondamentali che sono: ballottaggio sì o no, premio alla lista o coalizione, modo in cui si scelgono i deputati ovvero, collegi, liste bloccate o preferenze”. La disponibilità a lavorare insieme, da parte di Renzi, ci sarebbe tutta anzi, egli ha proposto “una delegazione formata dal vice segretario del Pd come coordinatore, i capigruppo, il presidente, più un esponente della minoranza: siamo totalmente disponibili a lavorare, chiedo solo di sentire tutti gli altri partiti, anche i 5 stelle, siamo per utilizzare queste settimane e mesi per togliere tutti gli alibi e stiamo per assicurare tempi certi alla riforma dell’Italicum, che non può essere avviata in campagna rferendaria”. E ancora: “Se ci sono persone tra di noi che hanno votato tre volte la riforma e ora nelle urne votano No, io li rispetto ma ognuno fa i conti con la propria coerenza”. “Se qualcuno pensa di utilizzare l’Italicum come alibi sappia che noi vogliamo smontare tutti gli alibi”. E immediata è arrivata la risposta di Gianni Cuperlo che ha dichiarato; “Se un accordo non ci dovesse essere, io non potrò votare quella riforma ma se tu mi spingerai a quella scelta, io comunicherò il giorno stesso alla presidente della Camera le mie dimissioni da deputato”. “La via che hai indicato qui si è come arrestata a metà del sentiero ma è un segnale che io voglio cogliere, hai fatto un passo sul sentiero, mi chiedo se c’è la volontà politica” di andare avanti e se sì facciamolo subito, nei prossimi giorni. Cuperlo sa perfettamente che la maggioranza del Pd è orientata verso il sì, ma “sarebbe sbagliato non vedere quel pezzo del nostro mondo che è su una posizione diversa”. Anche Roberto Speranza è sulla stessa lunghezza d’onda di Cuperlo, ritenendo insufficiente la proposta fatta da Renzi: Se vogliamo cambiare davvero l’Italicum, dobbiamo mettere noi in campo, come Pd, una proposta. Se mi viene detto che il punto della legge elettorale è un alibi, non ci siamo. Dire che è per accontentare minoranza, si è fuori strada. Noi stiamo ponendo una questione di merito. Quando l’Italicum arrivò alla Camera”, ha aggiunto, “in tanti ti chiedemmo fermati e invece ci sono stati dieci nostri deputati sostituiti in commissione, un capogruppo si è dimesso ed è stata accordata la fiducia sull’Italicum. Così nasce la spaccatura più forte di questo partito. Uno strappo enorme. Ora, si deve avere il coraggio e la forza di porre rimedio. Io fino all’ultimo istante non mi voglio sottrarre a nessun tentativo”. Ma Renzi rimane sulla sua posizione: “Queste riforme sono il puntiglio di qualcuno o un elemento chiave per la competitività del Paese e la credibilità della politica? Io ho una risposta diversa da quella di Cuperlo. Abbiamo il dovere di dare una risposta, altrimenti non siamo seri”. Al termine, la Direzione del Pd ha approvato la relazione del segretario/premier Matteo Renzi all’unanimità, senza voti contrari o astenuti. Ma la minoranza Pd non ha partecipato al voto.
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