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LO SPORT VITTIMA DELL’IMPRESA

ambulanza suzukadi Francesco Angellotti (AG.RF 05.10.2014) ore 21:12

(riverflash) – Un altro incidente grave, gravissimo, in Giappone; in una gara automobilistica di Formula 1, facente parte del Campionato Mondiale. Non siamo soliti citare luoghi e personaggi, perchè porgiamo al lettore argomenti concettuali e non vogliamo scendere nello specifico, che limiterebbe il valore delle affermazioni.

   Ma nel caso mi sembra doveroso porgere la nostra struggente vicinanza al pilota francese Jules Bianchi, vittima di un incidente in competizione.

   Il discorso non bisogna affrontarlo in modo superficiale. E’ ovvio che nell’automobilismo il rischio è elevatissimo; quando affronti un rettilineo a più di km 300 all’ora e ti devi preparare per una curva in fondo, non c’è da perdere la concentrazione, perchè devi superarla al massimo che la macchina regge, ma una frazione esagerata e vai per aria. Dato che l’automobilismo è uno sport in cui si raggiungono velocità da brivido, ed i tempi d’esecuzione delle manovre sono al centesimo di secondo, non è facile eseguire tutto al massimo, in quanto per pochi centesimi di secondo si vince o si perde, e la gara è a chi fa primo.

   Proprio per questo è importante che le condizioni di gara siano al massimo livello, che non possano esserci imprevisti o contrattempi, eventualità non supposte, perchè bisogna affrontare tutto il percorso al massimo.

   Questo principio, retorico e comunemente accettato, non viene rispettato. Perchè sono cattivi? Incompetenti?

   No, perchè non possono permettere che il giro di miliardi abbia un arresto e le case automobilistiche non possono perderci per dilazioni.

   Per cui, anche se la pista è a rischio, i piloti valuteranno perchè sono molto bravi e qualcuno anche fortunato, ma la corsa si deve fare, l’automobilismo non si può fermare.

   Non si è fermato, così stavolta in Giappone ha subìto l’evento della sorte il francese Jules Bianchi. La pioggia era scrosciante, la pista velata d’acqua, condizioni di corsa disperate. Pure con disperazione, bisogna correre, il risultato subirà qualche cambiamento ma vincerà il più furbo che riuscirà a trovare maggior fortuna; per le macchine che finiranno fuori pista, anche se saranno parecchie, pazienza.

   Pazienza non si deve avere, perchè il rischio non è quello di finire fuori pista, ma di subire incidenti che costano la vita. E questo è quel che è capitato al bravo e simpatico pilota Jules Bianchi: trauma cranico, di corsa portato in clinica per operazione alla calotta cerebrale.

   Non è un caso unico, uno di quegli eventi che si commentano: “eh, ma non è mai successo!”

   Purtroppo sono tanti, troppi, gli automobilisti che ci perdono la pelle sulle piste di gara. E non per scarsa abilità o mancanza di cura della situazione, ma per circostanze d’inagibilità della pista. In gara devi ottenere il massimo, non si possono bruciare centesimi di secondo perchè “forse” non è proprio a posto quel punto ove la traiettoria mi porta.

   Il rischio non è questo, il rischio è tanto e ben altro. Se si aggiunge anche l’interesse delle Case Automibilistiche,  è troppo. Le competizioni in automobile sono uno sport, non può scadere nel business; bisogna uscire dal giro che imprigiona le Società nell’ottica dell’affare, oltrepassando la considerazione sull’uomo e le personalità: sport.

   Stanotte, quando andranno a letto, come si sentiranno i Dirigenti responsabili della macchina che guidava Jules Bianchi? E come si sentiranno i Commissari di gara a Suzuka che hanno dato il benestare alla partenza?

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