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L’impasse politica italiana tra l’attesa di un inutile governissimo e le scommesse elettorali del M5S

(riverflash) – È trascorso più di un mese dalle elezioni politiche di febbraio, ma ancora l’Italia non è riuscita a darsi un governo, finendo impelagata in una serie infinita di consultazioni incapaci di dare alcun esito.

Fotografia di un Paese impaludato e di un PD che, pur essendo arrivato primo, non è riuscito (grazie ad una legge elettorale davvero bislacca) ad avere i numeri per governare. Bersani ci ha provato, si è assunto il rischio delle consultazioni ed ha fallito. Chi dice che lo abbia fatto per pura sete di potere forse non si è accorto che, da tutto questo, la leadership del Segretario Democratico sia uscita ulteriormente indebolita, non certamente rafforzata. Chi poi dice che il PD si sia presentato sempre con le solite facce alla “questua” di Napolitano, forse non si ricorda delle parlamentarie, ma soprattutto dimentica come nel 2006 il candidato premier fosse Romano Prodi, nel 2008 fosse Walter Veltroni e nel 2013 fosse, alfine, Pierluigi Bersani. La prossima volta forse toccherà a Renzi, con buona pace di chi sia sempre pronto alla critica e mai ad apprezzare alcun passo avanti, per quanto piccolo possa essere. Ci sarebbe da ricordare a costoro come invece sulla sponda PdL il volto sia sempre lo stesso da praticamente 20 anni. Oltretutto, nell’immobilità generale, il PD è riuscito almeno a piazzare due buoni presidenti delle Camere (i famosi “meno-peggio” stigmatizzati da Grillo). Gli “altri” forse avrebbero preferito un volto davvero nuovo (uno Schifani-Bis ad esempio…) oppure semplicemente un “nessuno” visto come il M5S non si sia degnato di presentare nemmeno lo straccio di nome. Eppure Bersani si è dovuto arrendere al rifiuto duro e puro dei grillini di non dare la fiducia a nessun esecutivo, anche a fronte della disponibilità del leader Democratico a fare un “passo di lato” (ribadito nella conferenza del 2 Aprile) mettendo persino a punto una tabella di punti condivisi con il MoVimento. Questa chiusura ha portato il solo ragguardevole risultato di una proroga dell’esecutivo Monti, ampiamente “bocciato” dalle elezioni ed ormai spogliato di ogni capacità decisionale. Il responsabile di questo stallo (sembra strano doverlo ricordare) non è Bersani, ma soprattutto Beppe Grillo che, dopo aver incassato circa 8 milioni di voti ed il 25% dei rappresentanti in ognuna delle due Camere, ha scelto la via del No incondizionato a qualunque proposta fattiva di governo. No all’elezione dei presidenti delle Camere. No alla fiducia ad alcun esecutivo (tutt’al più un modello sullo stile siciliano di voto favorevole legge per legge). No al voto per i “meno peggio”. No ad una “road map” qualunque che puntasse ad un pur minimo cambiamento. No alla libertà di voto per i parlamentari a 5 stelle, pena espulsione e demonizzazione. No ad un nome per l’elezione del nuovo Capo dello Stato (a parte la proposta folkloristica di Dario Fo che avrebbe potuto prodursi in un ottimo discorso di fine anno pronunziato in gramelot). No alla spartizione di poltrone (ma non volevano il COPASIR e la Vigilanza Rai?). No, insomma, ad alcun dialogo con gente che dovrebbe essere mandata tutta a casa. “Se volete qualcosa di diverso – ha scritto Grillo sul suo Blog – la prossima volta votate un Partito e non il M5S”. Sintesi e summa di un pensiero tanto ingenuo ed incolto (politicamente parlando) quanto pericoloso. Peccato, infatti, che la Costituzione smentisca punto dopo punto le invenzioni del comico genovese: Articolo 49: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Nel bene o nel male, dunque, la nostra è una Repubblica che si fonda sul confronto democratico fra partiti in un Parlamento (luogo dove si parla). Quindi la frase di Grillo potrebbe essere ribaltata: chi non ha voglia di fare un Partito per concorrere alla vita democratica del Paese può anche smettere di farsi votare. I movimenti sono belli, così come i girotondi, le manifestazioni, i concertoni del primo Maggio ecc… ma la politica parlamentare è un’altra cosa. Articolo 67: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. La Costituzione, dunque, nonostante le intemperanze di Grillo, difende e garantisce la libertà di voto dei parlamentari, anche a dispetto dei diktat di partito (pardon… di MoVimento!). Gustavo Zagrebelsky, professore di Diritto Costituzionale a Torino e Presidente Emerito della Corte Costituzionale (il tribunale delle nostre Leggi) ha spiegato in tale modo questa norma illuminata: “La democrazia è un regime mediatorio, cioè un regime in cui le ragioni plurime si devono incontrare fra di loro e trovare punti mediani. La libertà dei rappresentanti, senza vincolo di mandato, esprime proprio l’esigenza che in Parlamento sia possibile perseguire il raggiungimento di quel punto mediano e che l’aula non sia il terreno di battaglia di eserciti schierati per ottenere o tutto o niente. I rappresentanti devono disporre di quel margine di adattabilità alle circostanze rimesso alla loro responsabilità. Ecco, in sintesi: libertà del mandato, uguale responsabilità; vincolo di mandato, uguale irresponsabilità, ignoranza totale delle qualità personali dei rappresentanti, mortificazione delle personalità”. Molti crimini nella storia dell’uomo sono stati infatti giustificati dalla frase “eseguivo degli ordini”. La Costituzione italiana ha voluto quindi metterci al riparo da una tale irresponsabilità facendo sì che ogni parlamentare, nell’esercizio delle proprie funzioni, sia sempre libero di decidere secondo coscienza. Articolo 94: “Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere”. E poi ancora: “Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia”. Ciò a dimostrazione di come il modello-Sicilia sia una cosa, ma la formazione di un esecutivo sia tutta un’altra. Qualsiasi governo, di qualunque colore e composizione, ha l’obbligo di ottenere un voto di fiducia “preliminare” per potersi formare. Visto poi l’articolo citato precedentemente sulla libertà dei parlamentari, la fiducia non è certamente una “camicia di forza” per nessun partito. Così come viene accordata, viene nello stesso modo ritirata nel caso di accordi non rispettati o provvedimenti scomodi. L’ostinazione grillina di non voler dare la fiducia a nessuno (tranne che a se stessi forse…) pare più motivata dalla volontà di non “sporcarsi le mani” imbarcandosi negli insidiosi marosi della politica, rimanendo puri come “mamma Casaleggio li ha fatti”. Eppure, sembra strano doverlo ricordare nuovamente, l’azione di un Parlamento è fatta di accordi, di concertazione, di concessioni e richieste, di “altolà” e “via libera” che possano delineare non certamente l’indefettibile linea retta di un singolo programma (che ricorda un po’ troppo il totalitarismo), ma la tortuosa linea tratteggiata di una democrazia che abbia la necessità (ed il dovere) di dare voce e risposte al maggior numero di persone possibile. Chi non sia disposto a battersi per tutto questo (sporcandosi le mani, ma anche da “capo a piedi”…) non si capisce per quale ragione si sia fatto eleggere in un Parlamento democratico. Di fronte a ciò è persino ridicolo, se non biecamente demagogico, minacciare di occupare le Camere “bloccate” dalla politica. Le Camere avrebbero potuto funzionare benissimo se qualcuno avesse avuto il garbo di permettere ad un nuovo esecuto di formarsi. Bersani ha definito questo comportamento “disimpegno conclamato”, noi preferiremmo chiamarlo “furbizia a scopo elettorale”. In queste ore, infatti, il PD è spinto da più parti (interne ed esterne) all’accordo con il PDL e c’è chi sostiene persino che sarebbe l’unica via praticabile, criticando l’ostinazione di Bersani a non volerla percorrere. Ci permettiamo però di ricordare come tale “governissimo” già esista in Italia da almeno un anno e mezzo, sotto l’egida di Monti. Si è visto come sia andato a finire: pochissimi punti in comune, nessuna riforma importante e condivisa, nessuna riforma elettorale, moltissime tasse ed esecutivo dei professori ormai inviso a tutti. C’è bisogno di ripetere ancora una volta un simile fallimentare esperimento? Beppe ha tuonato in questi giorni che un nuovo inciucio PD-PDL spingerebbe la gente a “prendere i bastoni”, ma ha omesso due cose importanti: la prima è che la colpa di un nuovo governissimo (se Bersani verrà costretto a cedere) sarà soprattutto dell’indisponibilità del MoVimento di aprirsi al dialogo e la seconda che questa indisponibilità potrebbe fruttare una nuova messe di voti a Grillo e soci. Troppo comodo costringere i propri nemici, già azzoppati di per sé, ad andare a fondo insieme stretti in un mortifero abbraccio e sperare di incassare un nuovo plebiscito elettorale. Troppo comodo, ma soprattutto troppo pericoloso per il Paese, costretto a navigare alla giornata mentre l’Europa ed i mercati finanziari non vedono l’ora di spolpare la penisola: Mentre il MoVimento sarà impegnato a puntare al 100% dei consensi, costringendo tutte le altre forze politiche all’ennesima pessima prova di sé, sarà infatti l’Italia a risentirne. Bersani sarà costretto a svendere le sue ultime credenziali politiche cercando un rinnovato ed impossibile patto con il Diavolo: un patto con chi sia sempre “legittimamente impedito” ad andare in tribunale per farsi giudicare, un patto con chi pretenda, dopo aver perso le elezioni, di imporre un proprio nome “di garanzia” per il Colle, un patto con chi manifesti apertamente contro l’indipendenza della Magistratura, un patto con chi abbia ideato e difeso fino all’ultimo giorno questa penosa legge elettorale. Di fronte a tutto questo Grillo sta scegliendo di congelare il successo ottenuto, impedendo qualsiasi tentativo di cambiamento, puntando ad un improbabile “lascia o raddoppia” elettorale, giocato sulle spalle e sulle ossa di tutto il Paese. Troppo comodo, ma soprattutto troppo simile ad un certo Cavaliere, la cui fortuna politica sta durando da un ventennio proprio grazie ad una serie di continue alchimie elettorali di tal risma. Berlusconi però è riuscito a mantenersi a galla, anche nei momenti più difficili, grazie al proprio potere economico e mediatico con il quale ha tenuto all’angolo tutti i suoi avversari (interni ed esterni), a Grillo basteranno un singolo Blog e qualche streaming su youtube per non riconsegnare nuovamente l’Italia a chi l’ha portata per mano verso questo fallimento?

 

di Gianluca Stisi  (AG.RF  09.04.2013)

 

 

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