27 Apr 2016
“Le confessioni” (IT 2016) di Roberto Andò: la confessione è un grido dell’anima
AG.RF 27.04.2016 – “La confessione è un grido dell’anima”. E’ una della tante (e appropriate) citazioni dotte del film “Le confessioni” di Roberto Andò. La citazione è da Sant’Agostino, dal titolo della cui opera filosofica è mutuato anche il titolo del film.
Siamo alla vigilia di un importante G8 dei ministri dell’economia che di tiene nella Germania del nord sul baltico, proprio dove effettivamente si è tenuta una riunione del genere alcun anni fa: il che contribuisce a conferire una atmosfera più realistica all’ambientazione. La particolarità consiste nel fatto che, oltre agli otto ministri dell’economia, sono stati invitati tre personaggi che nulla hanno apparentemente a che vedere con le manovre economiche: una famosa scrittrice di libri per bambini, una rock-star e il monaco Roberto Salus (Toni Servillo) appartenente ad un ordine molto rigoroso, che fa del silenzio il perno delle proprie regole. I tre sono stati direttamente invitati dal residente del Fondo Monetario Internazionale Daniel Roché (Daniel Auteuil) per motivi non del tutto chiari, se non per ciò che riguarda il frate, al quale Rochè, gravemente malato di cancro, vorrebbe affidare le proprie confessioni.
L’ambientazione realisticamente asettica contribuisce a far sì che gli ospiti vivano ciascuno nel proprio universo ed entrano in reciproco contatto solo quando il rigido protocollo lo stabilisce (salvo iniziative personali estemporanee).
Sono lì perché necessitati dalla crisi economica, scatenata da precedenti decisioni sbagliate e dalla voracità delle banche, ad elaborare una nuova manovra economica che “promette”lacrime e sangue soprattutto per i Paesi più deboli e per i ceti più indifesi. Ma il consesso è anche un po’ una resa dei conti perché non tutti sono d’accordo con un tale tipo di manovra e le perplessità maggiori sono dei rappresentanti italiano e canadese.
Diciamo subito che in questa scelta dei due oppositori interni Roberto Andò è stato fin troppo generoso (o partigiano?) verso la classe dirigente italiana, immaginando una assai improbabile opposizione prima ancora morale che politica a una manovra così impopolare. Una opposizione certo auspicabile in un prossimo futuro, ma di cui non si rintracciano nell’oggi politico italiano né prodromi, né avvisaglie, né segnali di alcun genere. Al contrario i provvedimenti governativi degli ultimi tempi, che penalizzano oltre misura i ceti più deboli, sembrano purtroppo più avallare che contrastare le scelte economiche sovranazionali. Fatto sta invece che nel film le riserve morali sulla manovra da parte del ministro italiano portano addirittura quest’ultimo a chiedere al frate Salus di confessarsi.
Diciamola verità: questo ruolo del rappresentante italiano sembra l’aspetto più debole e più lontano dalla realtà dell’intero impianto del film. Ove invece sono riconoscibili interessanti tematiche e perfino sottolineature e denunce del cinismo imperante nei vertici dei potenti, che risultano fortemente efficaci e credibili. Soprattutto se si pensa che avere concepito e realizzato un film che affronta queste tematiche è veramente importante e direi straordinario, all’interno del panorama asfittico del cinema italiano attuale, più impegnato ad offrire al pubblico falsi ed improbabili elementi di rassicurazione che non di realistica preoccupazione.
Dico questo soprattutto di fronte alla levata di scudi di una parte della critica italiana che francamente mi sembra eccessiva, alla luce delle considerazioni citate. E’ importante che il cinema italiano si occupi di concetti come la fine delle sovranità nazionali a favore di uno sparuto gruppo di economisti e soprattutto delle banche. E che questi possano decidere, sulla testa dei Parlamenti legittimamente eletti, dei destini dei singoli Paesi, e che tali destini portino immancabilmente a penalizzare i Paesi più deboli e, in ogni Paese, i ceti meno protetti. E non è vero che queste cose da noi le sanno tutti: tutti sanno solo ciò che la stampa e i media vogliono che si sappia, visto e considerato che l’Italia è al 77° posto al mondo per libertà di stampa!
E d’altra parte sarebbe meglio che si sapesse che scaricare sui più deboli il peso della crisi è una pratica che ha una lunga storia, quella pratica che fin dall’800 ha reso i Paesi occidentali sempre più ricchi grazie allo sfruttamento dei Paesi poveri, resi così sempre più poveri.
Dunque questa è la posta nello strano G8 che si consuma al Nord della Germania, ove il cinismo dei vari Ministri viene messo fuori gioco dai lunghi silenzi di frate Salus e dai segreti che gli sono stati confidati. Il frate, di fronte alla richiesta pressante perché parli e confidi i segreti di cui è stato messo a parte, risponde col silenzio o con battute lapidarie. Anche lo spettatore non saprà mai. Ed è giusto che sia così.
Qualcuno ha paragonato questo film a “Todo modo”, perché, proprio come nel film di Petri, anche qui abbiamo un religioso alle prese con uomini politici. Raffronto, a mio giudizio, improprio e che non rende un buon servizio al film di Andò. Impossibile infatti competere con l’accoppiata Petri-Sciascia, alle prese in quel caso forse proprio col loro film più riuscito, vero e proprio capolavoro. Ma soprattutto perché si tratta di due film assolutamente diversi: in “Todo modo infatti lo scatenato gesuita (Marcello Mastroianni) sollecita a viva voce la confessione, il pentimento e una diversa dirittura morale alla classe politica democristiana riunita annualmente per esercizi spirituali, che si trasformano in una resa dei conti, ove nessuno viene risparmiato e dove la posta in gioco è la leadership del Partito e del Paese. In “Le confessioni”, invece, Padre Salus non sollecita nulla e resta silenzioso in attesa degli altrui approcci. E non c’è come in “Todo modo” la rissa dei politici, ma piuttosto l’accordo di massima sulla ennesima manovra economica che renderà i ricchi più ricchi e i poveri più poveri. Siamo dunque su piani completamente estranei l’uno all’altro. Il film di Andò va giudicato né migliore né peggiore. E’ semplicemente un’altra cosa. E’ diverso.
Piuttosto un paragone con un altro film viene esplicitato in una sequenza de “Le confessioni”, ove si dice che c’era un film di Hitchcock ove un prete viene accusato di un delitto e viene rivelato anche il titolo del film, “Io confesso”. In tal modo Andò sembra aver voluto togliere alla critica un altro esercizio da cinefili, quello di scoprire punti di riferimento e citazioni.
In definitiva è un film da vedere e da ripensare e da apprezzare, malgrado evidenti difetti di scrittura e di costruzione dei personaggi. Tra i quali naturalmente spicca quel Padre Salus, che offre l’opportunità di un’altra grande interpretazione a Tony Servillo.
Fonte: rivegauche-filmecritica.com