18 Mar 2017
LE AMMALIANTI FIGURE DI GIOVANNI BOLDINI
di Sabrina Sciabica (AG. RF. 18.03.2017)
(riverflash) – Sono belle, eleganti e fascinose le figure di Giovanni Boldini che si possono ammirare fino al 16 luglio 2017 a Roma.
Ci riportano ad un tempo in cui splendore e buongusto erano le parole chiave, in cui l’estetica rispecchiava una situazione economica particolarmente proficua – la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento – e in Italia, a seguito dell’unificazione, si respirava un senso di ottimismo e fiducia verso il progresso, parallelamente al resto d’Europa dove si diffondeva la Belle Époque.
Il percorso espositivo del Complesso del Vittoriano raccoglie ben 160 opere, provenienti da 30 musei di tutto il mondo, di Giovanni Boldini, pittore prolifico e acuto osservatore della realtà, capace di penetrare la profondità psicologica di ogni uomo o donna che abbia incontrato e raffigurato.
Egli cominciò a dipingere sin da giovane. Nato a Ferrara (1842-1931), ottavo di tredici fratelli, si dedicò all’arte sulle orme del padre pittore, realizzando ritratti già all’età di 14 anni e creando immagini mai piatte, sempre profonde e piene di carattere.
Famoso è il suo ritratto di Giuseppe Verdi, qui esposto insieme a paesaggi e interni meno noti. Anche se, in realtà, le sue vere protagoniste sono sempre state le donne, delle quali regala rappresentazioni eteree e perfette.
Le muse dell’artista – esposte in questa mostra antologica – furono inizialmente due: Berthe, prima modella e fidanzata e, da quanto si trasferì a Parigi, la Contessa di Rasty, dalla bellezza magnetica, sua ammiratrice e amante che lo introdusse nell’alta società parigina avviandone, così, una carriera piena di successi.
Altro ritratto celebre è quello di Donna Franca Florio, moglie dell’imprenditore siciliano Ignazio Florio, ammirata dall’alta società e citata anche nei versi di D’Annunzio. Tela, questa, che essendo attualmente all’asta, ha suscitato un interessante dibattito sulla necessità che le opere del patrimonio culturale italiano diventino pubbliche, in questo caso acquistate delle istituzioni, piuttosto che dai privati, con il rischio di non essere più fruibili al pubblico.
Nelle sale molti oli sono a grandezza naturale; le donne sono talvolta abbigliate di rosso e di rosa, raffigurate con vita sottile, fianchi larghi e sensuali. Hanno pochi ma evidenti gioielli, sinonimo di classe, hanno carnagione bianchissima e mani dalle dita lunghe e affusolate. Sembrano possedere un’irrefrenabile gioia di vivere che le fa apparire quasi in movimento, come se volessero raggiungere l’osservatore e abbandonare lo sfondo scuro da cui emergono.
Eppure il tocco magico di Boldini non è riservato alle donne belle o alle sue amate: il suo più grande merito è quello di aver elogiato la femminilità in se stessa, la donna in quanto tale. Il tratto delicato e i colori sfumati esaltano il carattere e il coraggio di ogni donna dipinta e fanno, di ognuna, un’eroina. Emancipate e indipendenti, queste soavi signore possiedono sia la sensualità, sia la forza e l’energia; hanno una splendida prestanza fisica e lo sguardo fiero e spavaldo.
Ecco perché le dame facevano a gara per farsi ritrarre da Boldini: egli riusciva a scorgere una qualità in ognuna di esse e ad esaltarla; a tirarne fuori ed amplificarne il fascino, a volte nascosto.
Inoltre, seppur legato a basi e temi classici, la peculiarità del maestro è stata quella di rimanere ben al di fuori degli schemi della ritrattistica ufficiale. Le sue figure sono così sinuose, accattivanti e giocose, le pennellate così intense, da creare una forte tensione emotiva e dare un ritmo incalzante alle immagini.
Fissare sulla tela l’attimo fuggente, anche su questo si concentrò il genio dell’artista, che ancora oggi ci appassiona, ci ammalia, ci fa sognare e sospirare.