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LA SEDUZIONE FEMMINILE IN MOSTRA ALLA GNAM DI ROMA

 

mostra-a-roma-la-forma-della-seduzione-il-corpo-femminile-nellarte-del-900_171297_bigDi Maria Michela D’Alessandro (AG.RF. 29.07.2014) (river flash) – Da sempre il corpo femminile ammalia, conquista ed è protagonista di sonetti, quadri, sculture. La donna come centro dell’opera, la donna e il suo corpo come portatrici di fascino e sensualità.

Nelle circa 130 opere esposte alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dal 5 giugno scorso fino al 5 ottobre 2014 si potranno ammirare tante donne immortalate, pietrificate, fatte proprie dai loro artisti nella mostra “La forma della seduzione. Il corpo femminile nell’arte del ‘900”.

Curata da Barbara Tomassi, con la collaborazione di Flaminia Valentini, la mostra vanta una selezione di lavori provenienti dalle collezioni della galleria. Il percorso espositivo si articola in cinque sezioni, tutte legate dal fil rouge della seduzione esercitata dal corpo femminile: “Le belle apparenze”, “Seduzione/sedizione”, “Oggetto del desiderio”, “La bella e la bestia” e “La bella addormentata”. Così come l’arte del ‘900 è vasta, gli occhi e le emozioni degli artisti sono così tanti e così diversi tra loro che il risultato di questa mostra diviene poliedrico e polisensitivo.

Nessun criterio cronologico è stato utilizzato per la selezione e la suddivisione delle sculture, dei disegni e dei quadri esposti. Tanti gli artisti, Man Ray, Giorgio De Chirico, Salvador Dalì, Hans Bellmer, Max Ernst, Enrico Prampolini, Renato Guttuso, tutti quasi ossessionati da quello che la figura femminile poteva dargli. Il celebre artista del novecento Gabriele D’Annunzio aveva addirittura creato un’icona, la femme fatale, non una semplice donna, quell’oggetto del desiderio, tema della terza sezione, in grado di incarnarne tutte le altre, un’opera d’arte capace di sconvolgere chiunque con la sua sensualità. Chissà se il linguaggio inquieto delle avanguardie novecentesche volesse esprimere la stessa idea dell’artista pescarese. Quello che è indubbio è che la “donna-scarpa” di Dalì, il “Nudo muliebre” di Gino Severini o il “Nudo disteso” di Amedeo Modigliani forse volevano trasmettere la stessa emozione che loro stessi provavano davanti a un corpo femminile per essere riusciti ad incarnarlo, anche se solo in un’opera.

 

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