20 Mar 2013
LA GUERRA INFINITA TRA BERLUSCONI E LA MAGISTRATURA
(riverflash) – Polemiche, insulti, colpi bassi; è questo il rapporto che lega Silvio Berlusconi alla magistratura: si tratta oramai di guerra aperta tra le due parti e l’ultimo episodio accaduto ne è la chiara testimonianza: ieri infatti I giudici del tribunale di Milano hanno accolto il legittimo impedimento avanzato da Berlusconi, imputato al processo sul caso Ruby e hanno invece respinto quello avanzato dai difensori, la cui assenza è stata ritenuta ingiustificata. Il processo è stato aggiornato al prossimo 25 marzo,cancellate udienze 20-21 marzo. La motivazione di questo ulteriore rinvio (valide per lui e non per i suoi legali, impegnati nelle consultazioni per eleggere i capigruppo di Camera e Senato) è che, secondo i giudici, l’impegno dell’ex Premier rappresenta uno dei passaggi fondamentali e quindi improcrastinabile dell’attività politica del nostro Paese. Ma il Pm Ilda Bocassini non ci sta e parte di nuovo all’attacco in merito alla richiesta di rinvio del processo e al blocco della requisitoria: “in un altro Paese sarebbe un oltraggio e non capisco perché non debba esserlo anche qui”, chiedendo quindi di respingere l’istanza. Il problema a questo punto non sono i rinvii del processo Ruby ma tutto ciò che ruota intorno ad essi. I toni tra Berlusconi e la magistratura hanno ormai assunto la connotazione di veri e propri attacchi l’un l’altro (a tale proposito è intervenuto ieri anche Michele Vietti, vicepresidente del Csm in quale ha lanciato un appello alla moderazione dei toni e dei gesti) e tutto ciò non fa che distruggere il concetto di giustizia e insinuare ulteriori dubbi tra la gente: Berlusconi le sta provando tutte per rimandare un’eventuale condanna e sta quindi approfittando dell’immunità parlamentare per evitare tutto ciò (sempre che la Camera abbia la maggioranza per procedere) o i magistrati di Milano lo stanno perseguitando perché vogliono a tutti i costi eliminare l’ex Premier dalla scena politica? Al di là di qualsiasi risposta, la domanda sorge spontanea: in Italia si può ancora credere nella giustizia?