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«Il lungo viaggio di una chemise: un’epoca attraverso un abito» nel libro di Fabrizio Casu

casu viaggio chemisedi Francesco Angellotti (AG.RF 17.04.2016)

(riverflash) – Dobbiamo uscire, aspetta un attimo, mi preparo e sono pronto. Ma cosa mi metto? E come mi inserisco nel contesto in cui devo presentarmi? Assumo un atteggiamento conformista, oppure mi metto provocatorio, lanciando un messaggio inespresso, che si evince dall’abbigliamento?

   Tutti questi ragionamenti mai li facciamo; eppure, a seconda delle occasioni e dell’atteggiamento assunto, sono istintive le scelte dell’abbigliamento, che apporta un significato alla figura che intendiamo rappresentare.

   Non trascuriamo che gli infiniti modi di abbigliarci, sono condizionati e condizionano il messaggio che vogliamo esprimere con i vestiti indossati. Elegante, appuntino, casual, formale da tutti i giorni, stravagante, atteggiamento freak, moderno, strano da diversificare , ognuno si mette come vuole apparire, per inserirsi o rivoluzionare il contesto.

   Tante volte, questo è carino, si vuole assumere un atteggiamento credendo di fare lo chic del “controcorrente”, e così ci si uniforma alle persone che sono tutte di questa categoria. Faccio un esempio, perché credo di non essermi fatto capire: negli anni ’60 si sono scoperti i jeans come pantaloni della contestazione, adatti agli uomini di strada che vivono bivaccando. Assorbendo il loro valore, i jeans sono diventati di moda, quindi tutti con questo modello, e ormai ce ne sono   di grido, che case d’abbigliamento di lusso vendono a più di 100 euro.

proposte di lettura   Questo è solo un piccolo esempio, per dire che la moda, gli atteggiamenti assunti nel vestiario, sono sintomatici del discorso che si vuole evidenziare in Società, in quanto questa cambia a seconda dei cambiamenti assunti per moda. Tipo… vedi sopra.

   Volendo, possiamo dire ancor di più: un atteggiamento assunto nell’abbigliamento può assumere significati opposti, a seconda dell’ambiente in cui si sfoggia, e delle epoche in cui si assumono certi atteggiamenti. Forse vi sembrerà un’affermazione esagerata, ma solo perché non eravate presenti all’incontro che Fabrizio Casu ha tenuto presso la biblioteca di Terni, ove ha presentato il suo nuovo libro “Il lungo viaggio di una chemise: un’ epoca attraverso un abito”.

   Ma figurati ! Uno scrittore così giovane, nato pure a Sassari, che ha fatto tanti studi all’Accademia e corsi, va bene, a Milano, avrà ottenuto tanti premi e riconoscimenti nel campo della Moda, avrà fatto uno studio sulla Tessitura a Como… ma questi isolani perché vengono nel Continente a sfaldare le impostazioni dogmatiche, che vanno avanti senza che nessuno se ne accorga?

   Direi perché Sassari, (unica città sarda di cui ho conosciuto l’ippodromo), imprime uno spirito d’espansione; nella situazione e nella conoscenza. Per cui certi approfondimenti sorgono naturali da un animo che non incentra l’attenzione per speculare sugli atteggiamenti, ma li studia per capire, dare una ragione, valutare le vicende storiche influenti e portare avanti un discorso dinamico ed evolutivo; ricco perché dotto e coerente.

   Volete sapere qual è il significato di una semplice chemise? Non è mica così semplice; la chemise è una veste bianca, lunga, più o meno trasparente, d’origine francese e comune a tutte le donne.

   Tutto il resto non importa.

   Andiamo avanti lasciandoci trascinare dalle convenzioni, senza capire cosa sono e dove ci portano. Eppure la cultura che ci ha trasmesso Fabrizio, dà risalto ad un atteggiamento sociale storico ma contraddittorio. State un po’ a sentire.

   La chemise è stata indossata per la prima volta dalla regina Maria Antonietta, nella seconda metà del ‘700; volete sapere perché? Perché la vita di Corte, lo sfarzo di Versailles e gli obblighi da sovrana non riusciva a sopportarli; allora, in una villa piccolina adiacente a Versailles, si ritirava a far la vita di campagna: mungendo le mucche, passeggiando sola nei verdi prati, portando da mangiare al bestiame… con una chemise bianca. Per uscire dagli obblighi che la opprimevano, ove non aveva spazio per sentirsi Donna.

   Ma era sempre la regina di Francia, la ghigliottina non poteva evitarla. E l’ha affrontata con Onore.

   Ma se la chemise ha avuto quest’inizio, ha continuato la sua storia seguendo la contraddizione impostata; ovvero, pulite e lavate le stalle e le mucche, la Regina andava a fare la Contadina.

   Questo per dire che profondi sono i significati  sociali, in un periodo acceso della Storia. La Rivoluzione Francese, il Terrore che per fortuna è durato solo 1 anno, Napoleone che pativa la sua estrazione popolare, schiacciato da una (solo la prima?) moglie nobile, colta e autoritaria (comprensibile, o forse pretestuosa, l’avventura Maria Valeska), l’Illuminismo che ha avuto un ruolo importantissimo in tutta la cultura. In questo, Voltaire e Rousseau si sono espressi in modo concorde e opposto; perché la nobiltà era una Classe da abbattere per ambedue, ma la Borghesia Voltaire la stimava per poter intessere uno scambio commerciale, quindi implicita la sua accettazione per lo sviluppo dell’economia; invece Rousseau la inquadrava come contrastante, quindi opposta, alla Classe Umile, che non poteva assurgere dalla miseria, quindi andava cancellata (Karl ha sviluppato il discorso, che si è poi attuato seguendo questa ideologia, anche se in altri Stati da quelli immaginati).

   Cosa centra la chemise? C’entra, per il discorso fatto all’inizio. L’hanno mostrato tre bravissime modelle, che hanno sfilato sceneggiando momenti emblematici, che sono stati arricchiti nel contenuto da tanti filmati rappresentativi.

    A seconda di come ci si voleva presentare in Società, e del messaggio che si voleva trasmettere, si indossava la chemise; che ha avuto tanti modi d’essere confezionata, ed è stata presentata in modo contraddittorio; sempre contro l’Aristocrazia, ma espressione popolare, mentre altre volte uniformata alla Classe Borghese; che nella Storia ha sempre assunto un ruolo ambiguo, ibrido e di convenienza, quasi come adesso.

   Il discorso è stato molto dettagliato, non solo queste 4 parole poco descrittive; anche perché la chemise è dilagata come “Moda” in tutt’Europa, con debite influenze e causando cambiamenti nella mentalità e nel costume, che pressava questi diversi significati che si sono espressi assumendo come capo d’abbigliamento rappresentativo la chemise.

   Se foste venuti all’esposizione di Fabrizio, che ha presentato il Tema con approfondita Cultura del momento storico, avreste capito qual è il senso che ho cercato di trasmettere, anche se con una minor ars eloquendi (anche perché lui poteva interloquire, per me è diverso).

   Però, un po’ mi fa sorridere; sapessero il significato storico e sociale che portano indosso tante signore che adesso disinvoltamente si “vestono” con una chemise !

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