17 Lug 2013
IL DUELLO “STORICO”: ETTORE, visto da me
(riverflash) –
Il primo colpo mi raggiunse al torace, squarciò l’armatura, tagliò il petto e ruppe alcune costole. Il sangue schizzò fuori, come liberato, invadendomi il corpo. lo vedevo schizzare davanti a me, sembravo una botte di vino traforata, ma alla quale non era stato inserito il dosatore. Le schegge di ossa si infiltrarono nel polmone destro, costringendomi ad andare in apnea, non riuscivo più a respirare.
Il secondo fendente di quella spada così pesante, luminosa e tagliente, trapassò l’imbottitura di cuoio e borchie di metallo, che mi doveva proteggere il ventre.
Fù così rapida ad entrare, trapassarmi ed uscire dall’altra parte, per poi riuscire che me ne accorsi solo quando sentii il sangue caldo e copioso, colarmi sulle gambe, per creare intorno ai miei piedi, un cerchio rosso sulla terra.
la spada che tenevo nella mano, ormai insieme al braccio, divenuta insensibile, cadde sulla terra alzando polvere come fosse un tonfo di quercia.
In quel momento, i miei occhi incrociarono quelli di Achille; erano pieni di odio, troppo per non decidere di lasciarmi cadere sulle ginocchia.
“Basta!, Achille hai vinto, io Ettore, lascio la mia vita sulla tua spada!”
Quando fui in ginocchio davanti a lui, qualcuno narrerà che pensai a mia moglie e al mio piccolo figlio, ma non fù così, nella mia mente c’era solo l’ansia di morire rapidamente, senza altro dolore. Ero certo che i miei cari erano stati già allontanati dalla vista di quello scempio, di quella mattanza.
Ero invece molto preoccupato, perchè lo scudo si era intromesso frà la spada di Achille ed il mio ultimo respiro. Non riuscivo a sbarazzarmi di quell’ultimo baluardo, lo scudo era legato al braccio e non avevo più la funzione dell’altro e della mano, per liberarmene.
Era lì, come le mura della mia città Troia, forte, ultimo bastione per la difesa e protezione della mia vita. Ma anche per la rabbia di Achille
Ero disperato, volevo morire velocemente, invece mi toccò osservare Achille, mentre mi girava dietro, slacciando la scure che teneva legata alla schiena. Non ci voleva!
La scure non è sensibile come la spada, quando cala, spacca, spezza, squarcia e distrugge ogni cosa davanti a lei.
“Achille! Potevi sbarazzarti dello scudo con un piccolo calcio del piede, quale forza avrei mai potuto opporre?!”
Come se per prendere un frutto, si abbattesse tutto l’albero, l’ascia calò con forza e violenza sulla mia spalla, dove era attaccato il mio braccio, attaccato allo scudo.
L’arma fece quello che doveva fare, colpì, spaccò, squarciò e separò, senza nessuna pietà, il braccio e lo scudo da me. Quale dolore? Non c’è più dolore, non c’è più niente, solo la consapevolezza di essere ancora al centro di quell’orrore.
Ora ero caduto dalle mie stesse ginocchia, un corpo maciullato, che spruzzava sangue ovunque, ritorto su se stesso, uncinato.
Era una mattina di un cielo limpido e di un sole che ardeva, ma sentii il freddo aumentare velocemente dentro di me, molto freddo, la morte era finalmente vicina, maledetta!
Quando l’ombra di Achille fù di nuovo difronte a me, sentire la spada trafiggermi la nuca scoperta e penetrare verso il cuore, spaccandolo, fù un sollievo. Finalmente ero morto.
Quello che fece del mio corpo Achille, dopo la mia morte, legandolo per i piedi al suo cavallo e, galoppando sotto le mura di Troia, perseverando nel rito della tortura, non fù più una mia preoccupazione.
Andrea “lobo” Cesari – (AG-RF) 17.07.2013