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IL DUELLO PER ELENA (Iliade canto III) recitato da TULLIO SOLENGHI

di Francesco Angellotti (AG.RF 24.06.2018)

(riverflash) – Credevamo opportuno riunire due recitazioni dell’Iliade, che si sarebbero svolte a 2 giorni di distanza; ed allora siamo andati ad ascoltare il III canto, convinti di dover incamerare i dati, per poi riportarli dopo aver ascoltato su “la Morte di Patroclo”, che sarà presentato da Amanda Sandrelli, bellissima esponente di tale Casta nella Recitazione.
Devo confessare che, una volta ascoltato il racconto sul duello tra Patroclo e Menelao, non me la sono più sentita di unirlo ad altra interpretazione, perchè rischiavo di non dare il giusto risalto all’espressione recitativa di Tullio Solenghi, che ha trascinato il pubblico, che ha applaudito con emozione.
Prendiamo la scusa che, anzichè nello storico Teatro di Carsulae, il presunto maltempo ha consigliato gli organizzatori a svolgere la serata presso l’Auditorium Gazzoli; che per quanto ha una bellissima sala per gli Spettacoli, non è il Teatro o l’Anfiteatro Romano, in cui si svolgono le rappresentazioni a Carsulae. Però, prendiamo questo spostamento favorevolmente, perchè a Carsulae ci arrivo con 1\2 ora di macchina, al Gazzoli 10 minuti a piedi; poi è languido affondare i ricordi nella mia prima rappresentazione teatrale a Terni, ma questo non vale niente. Dirò solo che, come il 16 giugno le gradinate del Teatro Romano erano piene per ascoltare Moni Ovadia, così il Gazzoli è rimasto senza posti a sedere per ascoltare la proposta di Solenghi, che ha presentato il canto nel quale è stato cercato di ridurre ad un duello la contesa, anche troppo coinvolgente, per stringere la “mano” della donna più bella del mondo: Elena.
Interessante la presentazione di Sergio Maifredi, che ha preparato al genere di spettacolo che il pubblico si era recato ad ascoltare; svolgendo alcuni concetti interessanti sull’impostazione della scelta e sul modo di rappresentare queste serate, che non sono vecchie di 3000 anni, ma costituiscono un bagaglio da elaborare per il Futuro.
Uscito Maifredi, qualche secondo, ed eccolo: Tullio Solenghi. Affabile e simpatico, ha svolto la convenzionale introduzione, spiegando le scelte che erano state svolte sul testo che si apprestava ad esporre. Le tematiche presentate simpaticamente allargavano il discorso, che oltre al canto sul duello presentato, trattavano argomenti su cui è importante porre attenzione; e Solenghi, pur in modo scherzoso, ha suggerito molti punti che non devono scorrere inosservati, come troppo spesso si cerca di fare.
Chiaramente ha raccontato la storia della Trama che si apprestava a presentare in versi; per far capire le vicissitudini, che non dovevano spiazzare nessuno per impreparazione. Ma in questo, è stato anche oltremodo aperto, in quanto nei momenti adatti, interrompeva il decantar in versi, e commentava arrivando fino al paradosso. Questo per rendere più chiaro e far partecipare gli ascoltatori, che si sentivano coinvolti nelle vicende, raccolte con passione.
A questo punto, direi che ritorna il quesito che ho esposto come evidente nella precedente interpretazione svolta da Ovadia. Un testo elaborato e cantato, come è stato raccontato nella premessa, dai rapsodi che giravano le Piazze che si affollavano per ascoltarli 3000 anni fa (tremila, non ho aggiunto 1 o 2 zeri), come volete recitarlo e discuterne, inframmezzando i versi, con un pubblico ormai convinto di andare ad ascoltare “testi classici” ?
Ma una impostazione del genere non è sbagliata; al limite è una scelta che può cambiare, a seconda dell’impostazione che si vuol dare alla Rappresentazione.
Importante, a questo proposito, che la traduzione dal testo Omerico, risale alla metà del ‘900; elaborata da un’intellettuale di alto bordo, e mi scuserete se ora non ricordo il suo nome. Ciò vuol dire che, oltrepassato il genere letterario che risentirebbe dell’arcaismo e del modo letterale col quale si presentavano le situazioni un po’ di tempo fa, il linguaggio della narrazione è scorrevole e quasi colloquiale. Così rendere l’ascolto facile, come per un qualsiasi racconto, aiuta a far entrare gli spettatori negli eventi, che indubbiamente hanno dei risvolti molto forti, e sconvolgono i Sentimenti, che sono sollecitati a reazioni determinanti.
Anche se torno a presentare la mia considerazione personale, che un Testo cantato 3000 anni fa, non perde nel valore Poetico se presentato come composto, recitato (anzi: cantato) come era stato programmato. Ma tant’anni son passati e le forme di ricezione del pubblico hanno indossato vesti diverse; tanto è vero che sono stati chiamati, non cantori, ma Attori per l’interpretazione di un testo tradotto circa 50 anni fa. Così in questo modo si è capito perchè Menelao e Paride non si sono scontrati, anche se è stato rilevato come sia inspiegabile il frequente intervento degli Dei, che ci mettevano sempre lo zampino; ma risolvevano tante situazioni, alle quali non si sarebbe saputo come dargli fine.
Gli applausi scroscianti sono la miglior conferma che l’interpretazione di Tullio Solenghi è stata di un effetto trascinante. Ma tutti in attesa della conclusione, che in ogni spettacolo non può mancare. Anche se recitare un altro Canto (senza contraddizione terminologica) sarebbe stato troppo.
Ma la trovata di Solenghi è stata brillante e molto appropriata: anche se l’Attore è di estrazione ligure, visto che erano facili i rapporti con i produttori, che sono del Teatro Pubblico Ligure. Seguendo il concetto de “le Città di Mare”, è stato preso un testo meridionale moderno che aveva come soggetto l’Odissea.
Ora mi spiego. Ha fatto molto scalpore, inserito nelle testimonianze “antisistema”, il libro “Io speriamo che me la cavi”, che racconta le avventure di una classe che porta Napoli nelle lezioni che il maestro tenta di svolgere. Devo dire che nella recitazione Solenghi si è adattato benissimo nelle inflessioni partenopee, dalla caratteristica popolare; ed ha letto il tema di un bambino, che narrava la trama dell’Odissea… a modo suo.
Le risate sono state entusiaste, perchè l’interpretazione di questo bambino, nei riguardi delle avventure di Ulisse, erano di un Colore che intersecava il paradosso con lo scherzo e l’impostazione personale. Tanti risvolti, osservati come potevano essere interpretati dagli occhi di un bambino di “vascio ‘e quartieri”. E la risata è stata grandiosa; il successo eclatante.
Ci piacerebbe solo, a conclusione, che gli avvenimenti interpretati in qualche modo da un bambino che si trova in una certa situazione, fossero tenuti più presenti da tutti coloro che affermano di voler giudicare sull’Operato dei Cittadini: perchè se non conosci le situazioni, il Giudizio su cosa viene accampato?
Speriamo che qualcuno abbia ascoltato Tullio Solenghi venerdì sera; ha offerto molti argomenti sui quali discernere ed impostare le proprie opinioni: a livello Umano!

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