12 Giu 2016
HIV: UN ITALIANO SU DUE NON SA COSA SIA
AG.RF 12.06.2016
(riverflash) – Gli italiani conoscono poco l’HIV, hanno difficoltà a dire con esattezza come si trasmette il virus e poco o nulla sanno sulle cure che esistono per contrastare l’infezione. Riconoscono però che quando i media trattano di casi eclatanti in cui siano coinvolte persone con Hiv, l’approccio dei giornalisti evidenzia sempre il lato scandalistico o allarmistico degli episodi. Ma c’è di più. Quasi un italiano su 3, con più di 45 anni, ritiene di aver visto associati nella comunicazione HIV e “peste” o “cancro dei gay”, stereotipi che col tempo si pensava di aver superato. Invece, ad oltre trent’anni dalla sua scoperta, sono forti ancora i luoghi comuni che impediscono di avere un piena e consapevole conoscenza della malattia.
È quanto comunicano i dati allarmanti di un’indagine svolta dalla società di ricerche demoscopiche SWG per conto di Nps Italia Onlus, che ha contattato un campione rappresentativo di mille persone stratificato secondo quattro parametri: età, genere, luogo di residenza e ampiezza del comune di residenza. L’indagine ha indagato il livello d’informazione sull’Hiv/Aids, l’opinione su come i mass media trattano questo argomento, il permanere di pregiudizi e l’idea di cosa voglia dire oggi essere una persona Hiv+.
IL CONGRESSO – I dati sono stati presentati nel corso dell’ottava edizione di ICAR (Italian Conference of AIDS and Antiviral Research), che si è mercoledì 8 giugno a Milano, presso l’Università Milano Bicocca. Il congresso è stato presieduto dai professori Andrea Gori, (Monza), Adriano Lazzarin, (Milano), e Franco Maggiolo, (Bergamo): oltre 150 gli scienziati e i ricercatori presenti, dall’Italia e dall’estero, e mille gli specialisti presenti. ICAR (Italian Conference on Antiviral Research) è organizzata sotto l’egida della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali.
“Abbiamo commissionato questa ricerca – dice Rosaria Iardino, Presidente onorario di Nps Italia Onlus – proprio perché alcuni recenti fatti di cronaca, letti sui giornali, ci hanno portato a pensare che forse il livello di conoscenza degli italiani sull’Aids non era così avanzato come ci aspettavamo. Sono passati tantissimi anni dalla scoperta della malattia ad Atlanta nel 1981 ed altrettanti dall’ingresso della stessa nel nostro Paese, ma leggere di recente sui giornali di ‘untori’ e ancora dello stigma da riservare alle persone con Hiv, è stato desolante e chi ha spinto a monitorare scientificamente i livelli di disinformazione degli italiani”.
“Ciò che preoccupa – termina Rosaria Iardino – è il livello di scarsa conoscenza che denunciano le fasce giovani di intervistati, che statisticamente rappresentano quelle più a rischio contagio. Tutto questo dimostra che a livello di prevenzione, e comunicazione, sul tema Aids/Hiv bisogna fare ancora molto”.
“Bisogna prima di tutto intervenire contro lo stigma che ancora riguarda le persone con HIV – dice Margherita Errico, Presidente di Nps Italia Onlus – additati come potenziali ‘pericoli sociali’, come conferma certa terminologia e certo gergo usato in alcuni articoli di cronaca. Tutto ciò rischia di inficiare quanto fatto in questi anni; rischia di mettere in forse le conquiste avute sul piano del welfare, perché una paura irrazionale ed ingiustificabile potrebbe tornare a discriminare chi è positivo al virus dell’HIV. Ecco perché di recente abbiamo presentato un esposto all’Ordine nazionale dei giornalisti per denunciare un modo sbagliato di far cronaca sulla malattia”.
“In ogni modo l’indagine Swg – termina Margherita Errico – fa pensare che la causa principale di questa cattiva informazione, sia la scarsa conoscenza che si continua ad avere dell’infezione e delle vita quotidiana e concreta delle persone con Hiv verso la quale ultime domande evidenziano degli immaginari anacronistici. Le istituzioni quindi devono intervenire, potenziando quei progetti che nascono per tenere alta la guardia contro l’Aids e per diffondere la corretta conoscenza dei rischi ancora presenti della malattia”.
L’indagine commissionata da Nps Italia Onlus ed eseguita da Swg, non lascia scanso ad equivoco.
IL LIVELLO DI INFORMAZIONE – Gli italiani sono piuttosto soddisfatti del loro livello d’informazione sull’HIV/AIDS, oltre il 70% delle persone intervistate ritiene di essere molto o abbastanza informato in materia, con poche differenze tra le età. In realtà per molti aspetti la situazione è assai diversa. Solo circa il 50% delle persone ha saputo rispondere alla domanda su cosa sia l’HIV, con qualche differenza tra le fasce di età e, fatto più preoccupante, tra i giovani tra 25 e 34 anni, potenzialmente i più interessati al contagio sessuale, solo poco più della metà (57%) ha risposto correttamente alla domanda su come sia possibile che si trasmetta il virus dell’HIV, mentre le persone con più di 64 anni ne sono informate nel 70% dei casi. Evidentemente anni di mancata informazione si cominciano a sentire.
La disinformazione può avere ripercussioni gravi: solo il 37% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni considera l’HIV curabile, contro il 62% delle persone con più di 64 anni. In questa situazione, di fronte ad un sospetto di contagio, è prevedibile una scarsa propensione in questi ragazzi a fare il test o a comunicare al medico i propri timori. Anche rispetto all’esistenza di terapie per la cura di AIDS e HIV il livello d’informazione è risultato direttamente proporzionale al crescere dell’età: i più giovani, le persone peraltro maggiormente a rischio, sono le meno informate e consapevoli.
La domanda su cosa significhi avere la carica virale azzerata vede i ragazzi più giovani e i 45-55enni convinti, rispettivamente nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non essere infettivi. Nelle altre fasce di età questa percentuale è nettamente più bassa: 15% – 19%. Rispetto a questa domanda, più “tecnica” ma con forte valenza per la prevenzione, i “non so” si collocano tra il 26% e il 40%.