(red) AG.RF 21.04.2014 (ore 14:25)
(riverflash) – Lo scorso 31 ottobre il piccolo Mirò, bambino di 2 anni, moriva tra le braccia della madre Barbara, che sostenne di averlo trovato esanime nel lettino. Il dramma è avvenuto nella casa di famiglia a Bargagli, cittadina dell’entroterra genovese. L’autopsia del medico legale Alessandro Bonsignore rivelò una malformazione cardiaca del bimbo, che, a suo avviso, sarebbe morto per cause naturali. Il responso, però, non convinse il pm di Genova Alberto Lari, insospettito perché Barbara e il suo compagno Sasha, che non è il padre di Mirò, sono due tossicodipendenti in terapia di mantenimento a metadone. Si celebrano i funerali del bimbo, ma i carabinieri, il magistrato e il patologo forense scavano ancora, non si arrendono. E viene fuori una verità atroce: Mirò è deceduto per «incongrua assunzione di sostanze stupefacenti». Lo stupefacente in questione è il metadone, sostitutivo dell’eroina, di cui hanno disponibilità facilitata mamma Barbara e il fidanzato Sasha sono tossicodipendenti seguiti dall’ASL e sotto terapia proprio di metadone.
Adesso le ipotesi passano tra quella di omicidio colposo, per aver lasciato inavvertitamente una flacone contente droga (anche se legale il metadone è una droga, ndr), a quella dell’omicidio preterintenzionale. Quest’ultima sarebbe una condotta atroce da parte di una madre, che somministrava al figlio di 2 anni droga per far cessare i capricci del bimbo.
È ancora tutto da chiarire, da dimostrare, anche se non ci sono dubbi che sia stato il medatone a uccidere il piccolo Mirò.
L’altro ieri, vigilia di Pasqua, su ordine di un giudice del tribunale dei Minori, il fratellastro minore di Mirò, figlio di Sasha e Barbara, è stato tolto ai genitori per essere affidato a una struttura protetta. Un provvedimento cautelare per evitargli il rischio di morte.
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