22 Feb 2014
TUFFI Fina diving GP: una mattinata nera per gli italiani a Rostock
di Nicola Marconi (AG.RF 22.02.2014) ore 14:41
(riverflash) – Seconda giornata di gare a Rostock: come nella foto, oggi in gara Elena Bertocchi dal trampolino da 3 metri ed Andreas Billi con Giovanni Tocci nella finale diretta della prova sincro, sempre da 3 metri.
Nella prova femminile tutto sembrava tranquillo: la Bertocchi anche con dei salti un pó poco precisi, ad un tuffo dalla conclusione era comodamente tra le prime dodici, con la semifinale praticamente in tasca. Ma la concentrazione fa brutti scherzi: nel suo tuffo finale, il doppio e mezzo rovesciato carpiato, Elena ha prima commesso una falsa partenza (penalitá di -2 punti a voto) e poi non é riuscita a darsi la spinta giusta, entrando molto di schiena. Appena 218.40 punti per lei, la ventesima posizione, ma sopratutto il rammarico di aver buttato la possibilitá di gareggiare in una semifinale di alto livello.
Purtroppo anche in campo maschile le cose non sono andate per il verso giusto: Tocci e Billi infatti avevano tutte le carte in regola per far bene, quantomeno per combattere per il terzo o il quarto posto.
Dopo i primi tre tuffi ben eseguiti peró la gara ha subito un’improvvisa sterzata in negativo: i due azzurri hanno puntato su una serie gara diversa dal solito, inserendo il doppio e mezzo rovesciato al posto del ritornato, per un probabile futuro “upgrade” al triplo e mezzo rovesciato; oggi peró l’esperimento non é andato a buon fine e dal quarto tuffo in poi la coppia é sembrata perdere di luciditá, commettendo molti errori in tutti i tuffi rimasti.
Settima posizione per Andreas e Giovanni, 338.55 punti e la consapevolezza di non essere riusciti a dare il meglio. Podio abbastanza scontato con le coppie di Cina e Germania a farla da padroni, seguita da un’Ucraina ancora in cerca della sua vera identitá dopo l’abbandono di Pigorov.
Con le gare di questa mattina si é conclusa la trasferta azzurra in Germania, con qualche rimpianto per le occasioni perse e la certezza di dover lavorare sempre ancora di piú.