“Educazione siberiana” l’ultimo thriller internazionale di Salvatores

(riverflash) – “E’ folle volere troppo! Un uomo non può possedere più di quello che il suo cuore può amare!” Così dice nonno Kuja (John Malkovich), e le sue parole risuonano nella mente di Kolima (Arnas Fedaravicius). Salvatores questa volta ci porta nel sud della Russia alla fine degli anni ’80, la città è diventata una sorta di ghetto per criminali di varie etnie, trà i quali i discendenti diretti dei guerrieri Urka, originari delle foreste siberiane. Una sorta di “criminali onesti”, con un proprio codice “amorale” che li fà rubare e rapinare chì ha.

Kolima e Gagarin (Vinius Tumalavicius) sono grandi amici, cresciuti insieme nel freddo e nelle asperità che la vita e la bella Xenja (Eleanor Tomilison), la “voluta da dio”, divideranno. I ragazzi crescono nell’educazione “al crimine”, onesti con i più deboli e feroci con chi possiede molto la polizia e l’esercito. Pregano dio ed impugnano armi con una violenza regolata da prescrizioni.

Il crollo del Muro e del regime sovietico, altera gli equilibri del loro mondo corrotto rapidamente dall’aria dell’Ovest, nel passaggio epocale che incontra e poi scontra la tradizione con il cambiamento.

Xenja è una ragazza demente, figlia del del medico locale, che Kolima protegge e della quale è perdutamente innamorato. Finito in carcere, Kolima sublima quel suo sentimento con un tatuaggio, una tecnica di decorazione corporale che Kolima imparerà a realizzare su altri detenuti. Dopo molti tatuaggi, nonno Kuja provvederà alla sua scarcerazione, per affidargli una missione importante, trovare l’uomo che ha abusato e picchiato la sua amata Xenja. Sarà l’inizio di una lunga caccia che porterà Kolima addirittura ad arruolarsi nell’esercito, infrangendo codici e tradizioni.

Salvatores dismette i panni del “Peter Pan”, che avevano caratterizzato in qualche modo i suoi film precedenti, per imboccare la strada più ardua del film non generazionale, ma teso a raccontare l’incontro frà generazioni, traducendo con esiti molto positivi (a nostro personale giudizio) due romanzi di Niccolò Ammaniti “Io non ho paura” e “Come dio comanda” ed il noir di Grazia Verasani “Quò vadis baby?“. “Educazione siberiana” romanzo scritto da Nicolai Lilin, va a rimpolpare le fila degli adattamenti.

Probabilmente questa volta il regista milanese toglie al romanzo tutto quello che  non asseconda la sua intuizione originale, trasformandola in una storia di “Far Est”, una vicenda di confine e di resistenza, la tradizione che fà le barricate al cambiamento. Salvatores  fa riflettere storie personali e storia collettiva, qualcosa che può ricordarci, con le dovute precauzioni, “C’era una volta in America” e “La promessa dell’assassino”, dal quale riprende quel tema dei tatuaggi.

Forse un pò troppo semplificato, “Educazione siberiana” si incanala verso un disegno di virtuosismi che non affondano mai, ritirandosi dal confronto con le pagine di Lilin, forse Salvatores ci fà accentuare lo sguardo su corpi che possono risultare privi di carne e di sangue. Forse i personaggi non sono ben attraversati dalle passioni, il cui destino rischia di risultarci indifferente. Forse nemmeno la furia finale di Kolima, tesa a ristabilire verità e giustizia (criminale), risarcendo l’innocente, ci emoziona come vorremmo. Gli attori, un cast giovanissimo e puntuale, governato da un John Malkovich di ieratica grandezza, soffrono una narrazione resistente all’onore, al culto della violenza e alla formazione (criminale). La tentazione di un affresco storico-sociale della Russia attraverso la figura del criminale rimane un tentativo interessante che elude tuttavia il senso più profondo della forza e della sopraffazione, della sorte degli innocenti e dei predestinati, dell’incisione dell’ ‘io’ sui corpi raffigurati da Lilin come fossero libri. Corpi coperti di tatuaggi e arabeschi del passato che individuano le persone, le inquadrano e le rappresentano in una gerarchia criminale.

Su una cosa però non si può non essere d’accordo, la colonna sonora, curata da Mauro Pagani, sà mantenere un bellissimo incanto narrativo, malgrado la durezza, sicuramente dovuta, che accompagna alcuni momenti narrativi. Ma questa è un’altra storia.

lobo (AG-RF) 14.03.2013