5 Mar 2013
DOV’E’ FINITO “IL LAVORO”?
(riverflash) – La disoccupazione aumenta, così come le ore di la cassa integrazione, dove andremo a finire? Come mai sta succedendo questo? Cosa è cambiato? Quanto c’entrano i governi o i politici? La risposta è molto semplice e meraviglia che nessuno lo dica: stanno entrando prepotentemente la Cina e l’India nell’economia mondiale. Ma non ci rendiamo conto che tutto quello che comperiamo è “MADE in P.R.C.”? PRC significa Popular Republic of China, se andiamo sul sito web della Commissione Europea e cerchiamo i costi della mano d’opera nel mondo, rapportati a quelli europei, vediamo che in Cina un operaio costa 30 volte meno che in Europa e in India, che è la più grande democrazia del mondo, costa 25 volte meno. Dopo la seconda guerra mondiale è successa una cosa simile con il Giappone: le sue merci arrivavano in Europa a prezzi molto più bassi rispetto ai nostri, ma nel giro di un paio di decenni la cosa si è sistemata perché in Giappone c’erano circa 100 milioni di abitanti e, vendendo le loro merci a prezzi più bassi degli altri paesi, sono usciti presto dalla condizione di povertà. Pe la Cina il discorso cambia di ordine di grandezza, invece di dover portare fuori dalla miseria 100 milioni di persone (e creare la classe media), bisogna portarne fuori 2 miliardi, e per farlo non basteranno un paio di decenni. Per l’India, che è una democrazia, la cosa è quasi altrettanto seria: ci sono 1,2 miliardi di persone, ma 200 milioni sono già usciti dalla miseria con i mercato interno, per il futuro si vedrà…Oltre ai minori stipendi per gli operai, in quei paesi non esistono quasi leggi di tutela del lavoro e dell’ambiente, per cui è molto più facile e molto meno costoso produrre. In considerazione della nostra grave perdita di ore lavorative, anni fa cosa ha fatto Prodi quando era a capo del governo? Ha promosso un viaggio di industriali italiani in Cina per delocalizzarsi e questo è avvenuto: agli industriali Europei conviene sempre di più produrre in Cina e i nostri operai restano senza lavoro. Il fenomeno tende ad aumentare e non c’è governo che riesca a frenarla, le nostre imprese, per sopravvivere qualche anno, vendono il loro know-how alla Cina, per cui fra un po’ anche quel poco che restava in Italia, sarà fatto là. La visione è piuttosto opprimente e pessimistica, ma questa è la realtà e l’unico motivo di riduzione del fenomeno è determinato dal fatto che l’Europa è il primo paese importatore dalla Cina, seguito a ruota dagli USA, poi c’è il resto del mondo: in pratica l’export cinese va a 1/3 in Europa, 1/3 in USA e 1/3 nel resto del mondo. Se ci impoveriamo troppo e cessiamo di comperare prodotti cinesi ci rimetto no anche loro, ma questo comporta comunque un continuo trasferimento di ricchezza, che lascia l’Italia e l’Europa. Cosa fare se si vuole limitare il danno e sopravvivere? Dobbiamo incrementare la nostra capacità di progettazione e di design e cedere alla Cina ed all’India la mano d’opera. In pratica, con una visione aperta ed a lungo periodo, dobbiamo incrementare le nostre università per creare sempre più ingegneri, progettisti, ricercatori e medici, professioni che il genio Italiano riesce sempre a dare, sta nel nostro DNA, ma la politica ed i governanti lo devono capire e devono creare le condizioni legislative perché questo si possa verificare.
AG.RF. (CP) 05.03.2013