14 Mar 2016
CORREGGIO E PARMIGIANINO ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE
di Sabrina Sciabica (AG. RF. 14.03.2016)
(riverflash) – Perché, dopo oltre cinquecento anni, continuiamo a soffermarci su opere del passato, e perché ci affascinano ancora?
Forse perché dimostrano che l’arte è uno di quei rari espedienti contro lo scorrere del tempo e che l’abilità dell’artista può immortalare un’immagine per secoli. E, ancora, perché dal Rinascimento partono le basi del gusto, dello stile, dell’arte italiana e le influenze di questi pittori si sentono, ancora oggi, sia sulla nostra cultura sia su quella internazionale. Queste sono solo alcune delle impressioni che si provano entrando alle Scuderie del Quirinale, dove fino al 26 giugno 2016, nella mostra Correggio e Parmigianino, sono esposte circa 40 opere tra tele ad olio e disegni dei due pittori, insieme ai lavori della cosiddetta Scuola di Parma (Michelangelo Anselmi, Francesco Maria Rondani, Girolamo Mazzola Bedoli e Giorgio Gandini del Grano).
Da una primo sguardo al percorso espositivo evince la classicità dei temi, prima tra tutte la centralità dell’uomo, decisamente protagonista, seppur rappresentato in personaggi differenti.
Inoltre, sono presenti gli insegnamenti dei grandi maestri, da Leonardo a Raffaello, da Michelangelo a Mantegna, da cui i parmensi hanno appreso a rappresentare il colore e quel meraviglioso gioco di luce e ombra da cui emergono volti che sembrano fuoriuscire dalla tela. A questo proposito basti l’esempio di Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne di Correggio, in cui soltanto poche parti, il profilo della giovane donna e la sua manica, la fronte e il naso del cattivo e l’espressione della complice ricevono i colori, come fossero la luce della salvezza, mentre tutto intorno è un nero profondo. Come nelle opere quattrocentesche, la profondità nelle immagini, in alternativa alla tinta unita, è creata, anche, rappresentando una natura florida e colorata alle spalle di queste figure, come a volerle incorniciare.
Alle basi classiche, si aggiunge il tocco personale di ogni artista: Antonio Allegri detto il Correggio (1489 – 1534) lavorò costantemente alla ricerca dell’eleganza e della raffinatezza stilistica, caratteristiche già presenti nel Volto di Cristo, nella Sacra Famiglia, nella dolcissima Madonna col Bambino dalle vesti rosa e azzurre, nel Ritratto di dama, capolavori provenienti dai più prestigiosi musei del mondo e raccolti alle Scuderie.
Ma soprattutto nei lavori degli ultimi anni, Correggio è la grazia: è un passo di danza la resurrezione del Cristo nel Noli me tangere, in cui al candore della pelle ben si adattano le tinte accese delle vesti. Il dialogo di sguardi, con la Maddalena inginocchiata, è rappresentato in mezzo ad un bosco, mentre l’aurora si intravede in lontananza.
In Danae, tra l’altro una delle prime raffigurazioni italiane del mito greco, poi ripreso da numerosi artisti, una ragazza dai lineamenti delicati gioca ingenuamente con un putto mentre la nuvola d’oro – Giove – la inonda e la feconda, in una scena dolce e soave, nonostante il tema amoroso.
Girolamo Francesco Maria Mazzola, detto il Parmigianino (1503 – 1540) è l’energia, la potenza.
Affascinato dal lavoro del Correggio, col quale lavorò nella chiesa di San Giovanni Evangelista di Parma, il giovane artista sembra ossessionato dalla produzione artistica e già a 16 anni dipinge autonomamente. I suoi lavori mostrano un’abile pennellata e quasi un eccesso di grazia dalla quale nascerà la corrente della bella maniera, in cui eleganza e artificio portano ad esiti raffinati, talvolta innaturali o eccessivi.
Oltre che come padre del Manierismo, Parmigianino è noto per i suoi ritratti, in cui si mostrano una forza d’animo e una vitalità che rendono unico il suo stile; ne sono esempio, nella Conversione di Saulo, il vigore e l’irruenza dell’animale dal pelo fluente, il guizzo negli occhi di San Paolo. Questo dipinto ad olio si trovava nella casa di un famoso medico parmense che si dedicava all’alchimia e che sicuramente la praticava insieme al Parmigianino. Dalla testimonianza del Vasari, infatti, l’artista si dedicava a continui e infruttuosi esperimenti che divennero per lui una vera ossessione e lo portarono alla povertà e quasi allo squilibrio mentale.
Un pensiero diabolico potrebbe essere il motivo dell’espressione inquieta del gentiluomo disegnato con un libro in mano ma lo sguardo altrove, quasi minaccioso e profondo, nel Ritratto di un uomo con libro. C’è, poi, la Schiava turca (così chiamata per il turbante che indossa, o forse, per un riferimento ad un invito al piacere maschile) dall’espressione civettuola e intrigante, in una galleria di sguardi diretti, dai quali si intuisce immediatamente la personalità del soggetto ritratto.
Per finire c’è lei, Antea, fanciulla dallo sguardo sprezzante, dalla corporatura larga e mascolina, non per la sua statura ma per l’insieme di indumenti che indossa.
Probabilmente una nobildonna dell’epoca, o semplicemente la rappresentazione della bellezza ideale per l’artista, è adornata di monili, ha un’acconciatura elegante e lineamenti del viso molto delicati, carnagione chiarissima, dita affusolate. Porta una pelliccia di visone su una spalla eccessivamente larga e, dallo stesso lato, un guanto scuro. È un insieme di virilità e sensualità, fierezza e fascino. Sembra l’eroina di un romanzo epico, è una delle figure più misteriose della storia dell’arte.
Correggio e Parmigianino, eccelsi disegnatori, figurativi per eccellenza. Dal confronto tra i due pittori esce vincitrice la maestria, la grandiosità di due italiani, artisti immensi ed eterni.