16 Apr 2014
COLLOQUIO CON IL POETA DANIELE MENCARELLI
AG.RF.(A CURA DI MASSIMO PEDRONI).16.04.2014
“riverflash” – Ho provato una certa esitazione, nel trovare, quello che a me sembrava il termine più giusto, per definire l’incontro con Mencarelli. La prima parola che mi è balenata nella mente è stata “intervista con Daniele Mencarelli” la più banale e scontata, che mi è apparsa subito insufficiente come definizione. Per la forza d’impatto, e la scossa nel profondo dell’anima, che ho provato, leggendo l’ultimo libro uscito in ordine di tempo, della produzione poetica di Mencarelli, mi ha fatto sentire maggiormente idoneo, usare per questo incontro il temine “colloquio con Daniele Mencarelli”. Così facendo intendo evidenziare un sentimento di composta, e coinvolta partecipazione alla composizione poetica, che è al centro del nostro incontro. Sto parlando di “Figlio” raccolta di Poesie, avente questa condizione come filo conduttore. “Figlio”, è pubblicato dalla casa editrice nottetempo. Le tematiche che il poeta ha avuto il vero e proprio, disperato coraggio di affrontare, sotto l’insostenibile peso di esperienze autobiografiche, argomenti che rimettono in gioco il senso complessivo della vita di ognuno di noi, tanto dal trovare nella quarta di copertina la frase “Figlio è darsi in pasto al prossimo”. Il libro è stato presentato poco tempo alla Casa della Letteraura, di Piazza dell’Orologio dal poeta Claudio Damiani. Mencarelli che ho qui di fronte a me, ha un essenziale fierezza nei comportamenti, che ben si coniuga con l’incisività della sua opera.
Lei ha dichiarato, la sussistenza di una intima connessione tra una sua apprezzata precedente opera “Bambin Gesù” e “Figlio”.
Mencarelli: Si, perché il tema dell’infanzia è protagonista in entrambe le raccolte. Ma in special modo l’infanzia minacciata dalla malattia. In “Bambino Gesù” che è ambientato tra i padiglioni e le corsie dell’Ospedale pediatrico romano, racconto la mia esperienza dell’epoca di operaio quotidianamente, in ragione di questo, testimone della lotta ingaggiata quotidianamente da figli e da genitori contro malattie spesso inesorabili e comuque devastanti, non solo sotto il profilo sanitario.
Dalla postazione, in qualche misura privilegiata di testimone, che tipo di rapporti ha visto sussistere tra genitori e personale medico?
L’Ospedale Banbino Gesù, polo d’eccellenza per le discipline pediatriche, è uno di quei luoghi in cui il rapporto tra medici e famigliari e chi è coinvolto nella prova della malattia, è realmente fondato sul dialogo e la coperazione. Non posso dire altrettanto per altre realtà ospedaliere, che purtroppo ho avuto modo di frequentare in veste di padre di un figlio ammalato.
E quindi mi pare di capire che stiamo arrivando alla “carne e il sangue”, della sua ultima raccolta poetica “Figlio”.
In “Figlio”, racconto il viaggio che mia moglie ed io, all’epoca due ragazzi, abbiamo compiuto per diventare genitori. Viaggio intrapreso, sotto la funesta minaccia della malattia per nostro figlio.
Perché oltre alle necessarie risposte pratiche che avete dovuto dare a fronte di questa emergenza, lei si è sentito quasi in “dovere”, di scrivere questa raccolta.
Lei ha parlato giustamente di “dovere”, dopo aver testimoniato la lotta di genitori e figli al “Bambino Gesù”, non potevo girare la testa dall’altra parte, e non offrire al lettore la nostra esperienza. E poi perché, questo è il ruolo naturale della poesia: essere parola che si fa carico dell’esperienza umana in tutte le sue declinazioni possibili. Soprattutto di fronte al dolore.
Nel dolore, risiede il motore dell’espresione poetica secondo lei.
Indubbiamente, nella stessa misura in cui lo è ogni esperienza o sentimento che ci porta al limite della nostra condizione come ad esempio l’amore.
Questa triste vicenda del suo bambino Nicolò, ancora lungi dall’essere conclusa, quali suoi convincimenti, ha smantellato o fortificato?
Ha messo alla prova ogni mio valore di riferimeto, di alcuni, come dico nel libro “non si hanno più notizie” altri dopo aver vacillato sono rinati in altra forma e con altro spessore mi riferisco al Padre “che non sa resistere ai suoi figli” e che “restitusce dono e perdono anche a chi l’ha bruciato nell’odio”.