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Chi combatte realmente in Siria?

Ovvero perché il conflitto in Siria è troppo difficile da capire

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di Giulia Cavola AG. RF( 17:00) 13/06/2015 (Riverflash)La guerra civile, i ribelli contro la dittatura di Assad, e ISIS? Non si può rispondere in modo semplice alla domanda su cosa stia realmente avvenendo in Siria, semplicemente perché una risposta semplice non c’è. Non è una faccenda complicata capire cosa sia una guerra civile, né tantomeno che c’è un gruppo di terroristi che oltre a mozzare teste combatte proprio in quell’area. Il difficile è capirne il perché.

All’inizio c’erano i ribelli contro Assad

All’inizio c’era chi era pro e, soprattutto, chi era contro Assad. Ribelli, la dicitura è probabilmente troppo semplicistica. Le forze che si oppongono al regime di Assad sono in realtà eterogenee: religione, famiglia, etnia né determinano fedeltà e ideali. È il 2011, e in questo caso la dicitura giusta è “manifestanti”: chiedevano le dimissioni, la fine del monopartitismo, la democrazia,insomma. Era nato tutto da graffiti “rivoluzionari” in una scuola. A decine di migliaia erano scesi in piazza, per la strada, ed in tutto il paese. Poi arrivarono le armi, la paura, e la religione: la famigerata radicalizzazione del conflitto. Con il formarsi delle brigate, con la dura repressione, con il controllo capillare quartiere per quartiere, i manifestanti sono diventati “ribelli”. Poi la religione, che si fonde con l’odio per un presidente mal voluto, ingombrante: una brigata di estremisti salafiti prende sempre più potere. Assad, però, è alawita (una corrente dello sciismo): ecco che il conflitto varca i confini.

b1540ff1bd5641e1405a3a039ce8fe90Poi arrivarono i Curdi…

La YPG, le Unità di Protezione Popolare curde, sono tra i gruppi meglio organizzati e numerosi che combattono nel conflitto civile. È legata al Comitato Supremo Curdo, suo referente politico, ed ha uno scopo prettamente difensivo. Combatte contro tutti coloro che minaccino il territorio, il che rende complicato trovarne una precisa appartenenza politica, anche se si è fatta conoscere come uno dei maggiori ostacoli all’avanzata di Isis in Siria.

Isis combatte Assad, proprio come i ribelliHaji_Bakr_ISIS

È una verità parziale, se non del tutto fuorviante. In un’inchiesta pubblicata sul tedesco Der Spiegel, il reporter Christoph Reuter spiega come la conquista del territorio siriano sia una parte essenziale dell’attuazione del Califfato Islamico. Secondo alcune fondamentali carte ritrovate dopo l’arresto ed uccisione dell’uomo considerato la mente e stratega dell’Isis, Haji Bakr, il piano per la presa del potere in era definito  e calcolato nei minimi dettagli. Uno dei passi più cruciali era proprio la Siria, mescolandosi con le varie milizie, o manipolando e dividendo la società civile, prendendo  il controllo dei nodi più strategici del paese. Sebbene Isis combatta contro tutte le forze presenti in Siria, i rapporti intercorsi tra gli alti comandi del gruppo (molti sono ex generali iracheni) e il governo di Damasco all’epoca dell’occupazione statunitense sono piuttosto ambigui. Al momento, Isis occupa più la metà del paese dal confine con l’Iraq, fino a Palmira, che oltre ad essere patrimonio dell’Unesco, è anche uno snodo per Homs e Damasco. Ciononostante, Assad sembra rivolgere gran parte della sua attenzione ai ribelli dell’Esercito Siriano Libero, precludendosi l’opportunità di far parte della coalizione internazionale anti-Isis.

La risoluzione del conflitto appare sempre di più misurata dalla bilancia internazionale

È un tutti contro tutti. Le alleanze internazionali, però, potrebbero avere la meglio sui combattenti. Data la quantità di fazioni radicalizzate tra loro, sembra che l’unica soluzione del conflitto in Siria possa venire dalla bilancia delle alleanze internazionali, almeno secondo le Nazioni Unite.

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