21 Lug 2013
CASALEGGIO: I PARTITI SONO STRUTTURE ARCAICHE, È NECESSARIO UN RICAMBIO POLITICO
AG.RF 21.07.2013
(riverflash) – Gianroberto Casalegno ha preso l’abitudine di uscire dal cono d’ombra e rilascia intervista, anche alla stampa italiana. Gianluigi Nuzzi lo ha intervistato in occasione della rassegna letteraria «Ponza d’autore» che dal 12 luglio al 4 agosto è arrivata alla 5ª edizione. Si confermano le linee guida della rassegna: nessun ospite politico, nessun finanziamento pubblico, spazio a chi porta idee, esperienze, conoscenza e cultura.
16 incontri gratuiti con oltre 60 relatori: grandi nomi del giornalismo, intellettuali, storici, polemisti, economisti, imprenditori, filosofi, artisti e chefs stellati.
Todo Cambia – titolo della rassegna di quest’anno, cifra di un mutamento radicale nei tessuti del nostro Paese: da quello politico condizionato ancora dai processi a Berlusconi, ai grandi cambiamenti in Vaticano, fino alle sempre più incerte dinamiche economiche a confronto con i nuovi mondi dalla crescita impetuosa.
Riportiamo testualmete l’intervista pubblicata sul blog di Beppe Grillo.
Nuzzi: Casaleggio, lei sostiene che siamo ormai prossimi a una rivoluzione. Ha detto che con la democrazia digitale le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune addirittura scompariranno. Ci spiega meglio cosa intende?
Casaleggio: Saranno sostituite. La parola “democrazia digitale” è una parola molto più ampia del concetto di democrazia diretta. Ed è la democrazia diretta che si sta imponendo. Si sta imponendo in modo diverso da quello del paese, ma ha già portato alla ribalta le istanze di moltissime persone che prima non partecipavano alla vita politica. Parlo degli indignados, occupy wall street e in Italia il MoVimento 5 Stelle. Democrazia diretta vuol dire portare, spostare verso il cittadino il peso delle decisioni, della partecipazione e quindi sostituire l’attuale delega, che è una delega in bianco, al parlamento. Quindi è l’irruzione del cittadino nella vita politica, il cittadino diventa un politico in prima persona. I tempi in cui questo si realizzerà non si possono sapere, nessuno può dirlo, ma credo che sia ineluttabile.
N: Lei ha sostenuto che la politica del futuro sarà fatta senza i partiti, cioè avremo la rappresentanza diretta dei cittadini…
C: I partiti sono una costruzione, un’organizzazione. Quindi come tutte le organizzazioni hanno un senso quando sono state create, ma nel tempo devono cambiare o si devono sostituire. Nessuna organizzazione è eterna. I partiti sono l’espressione, in particolare in Italia, più autentica della delega. Si delega al partito e il partito pensa per te. Oggi deleghi il partito, neanche più il parlamentare, perché non c’è il voto di preferenza. Il partito è una possibile espressione della volontà popolare. Oggi secondo me del tutto obsoleto.
N: Però vuole rilanciare i referendum senza quorum che sono degli strumenti di democrazia diretta e che hanno ormai decenni…
C: Sì, ma non è detto che la democrazia diretta sia inventata adesso. Oggi la democrazia diretta ha la possibilità attraverso la rete – e quindi attraverso la partecipazione di tutti i cittadini alla conoscenza e alle interazioni – di manifestarsi. Già ai tempi di Atene c’era Pericle e spesso quando si parla di democrazia diretta ci si riferisce ad Atene. Il discorso dei referendum è nell’ambito della democrazia diretta. Oggi in Italia il referendum non è propositivo ed è un referendum che necessita un quorum. Noi vorremmo introdurre referendum senza quorum, propositivi, sulla base di richieste dei cittadini a livello nazionale, regionale, comunale.
N: Il nostro però è un Paese che ha una carta costituzione risalente nel tempo. Quali sarebbero gli interventi che andrebbero fatti per accelerare i processi di partecipazione diretta dei cittadini?
C: Penso sia necessaria una rivisitazione per migliorare la carta costituzionale, non per sostituirla, quindi per andare ad accogliere istanze democratiche di maggiore democrazia. Se parliamo nel puntuale, una è quella del referendum propositivo e senza quorum, un’altra è l’elezione diretta del candidato su base circoscrizionale. Un’altra ancora è il discorso del vincolo di mandato, cioè l’abolizione della possibilità di un parlamentare di presentarsi con una coalizione, un partito, un programma e il giorno dopo tradire gli elettori cambiando casacca. Oppure l’abolizione del voto segreto. Se una persona viene eletta dai cittadini deve dire cosa vota e per chi vota. Questo per citare alcune modifiche potenziali alla costituzione. Sicuramente una cosa del genere avrebbe bisogno di un impianto, di una revisione complessiva, non di interventi su un articolo e su un altro. Quindi non credo sia possibile farlo domani mattina, ma credo si vada in quella direzione, della partecipazione del cittadino alla vita pubblica.
N: Voi sostenete anche che un parlamentare deve fare un passo indietro se non tiene parola rispetto alle proprie promesse elettorali e questo può avvenire tramite un referendum nel suo collegio, via internet per esempio. Non c’è rischio di manipolazione dei dati, di delegare troppo la rete alla gestione della democrazia?
C: Quando si parla di rete in realtà si parla di cittadini. La rete è un qualcosa che viene utilizzato per avvicinare i cittadini alla politica. Questa cosa già avviene. Negli Stati Uniti, in alcuni stati, si può attraverso un referendum locale sfiduciare un parlamentare. Possono esserci manipolazioni in qualunque attività umana. Certamente se una persona non mantiene la parola data a chi lo ha eletto, dato che lo ha eletto come portavoce di un programma, deve essere in qualche modo giudicata. Che sia giudicata dal collegio è un’opzione, ma è comunque un’opzione democratica. Chi lo ha portato in Parlamento lo valuta.
N: In Italia un terzo dei cittadini non è collegato a internet. Lei più volte ha sostenuto che questa arretratezza sia voluta. Perché siamo indietro?
C: Questo è un dato di fatto. Rispetto a Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Giappone, Cina noi abbiamo una diffusione parziale di internet e anche dei servizi che porta. Io non ho nessuna prova che ciò sia stato fatto apposta, però noi avevamo la possibilità di avere un’estensione di internet in passato che non è stata colta e ci sono state – come ho scritto in “Siamo in guerra”, nel capitolo “Le leggi contro la rete” – decine e decine di leggi contro la rete. Quindi non stiamo parlando degli operatori telefonici, stiamo parlando dei parlamentari, che hanno impedito la diffusione di internet. Ma il processo non può fermarsi, internet è un processo globale che non è uguale solo alla politica, ma soprattutto all’economia. Economia vuol dire ristrutturazione delle aziende, integrazione. Non essere all’interno dello sviluppo di internet vorrebbe dire confinarsi in un atollo del Pacifico.
N: Beppe Grillo quanto deve il successo del m5s al lavoro fatto in questi anni sulla rete?
C: Beppe Grillo era già conosciuto ben prima dello sviluppo della rete. Lui ha due caratteristiche, che sono la popolarità – già altissima prima della rete – e poi la credibilità, perché con tutti gli attacchi che gli sono stati fatti è sempre uscito pulito. Queste due caratteristiche associate alla rete hanno reso la sua figura molto più importante e capace di aggregare anche persone, idee, movimenti sul territorio che poi hanno creato quello che oggi può essere definito il m5s.
N: Perché gli altri partiti sono così indietro nell’interfacciarsi con la rete?
C: La rete non è uno strumento come la tv, la radio. La rete è un riposizionamento della propria organizzazione, del proprio modo di pensare. I movimenti si adeguano alla rete perché nascono con la rete, i partiti sono strutture arcaiche.
N: Caso datagate. Al mondo ci sono giganti, colossi della rete, come Google, Facebook. Ma non c’è una regolamentazione. E alcuni diritti democratici vengono violati, come quello alla privacy. Non crede che possano esserci delle nuove forme di accentramento del potere grazie alla rete? Il m5s come si pone rispetto a queste questioni?
C: Il m5s si è sempre posto per la protezione della persona e per la libertà dell’individuo. Questo in termini generali. Poi se parliamo in termini specifici, quindi parliamo dei cosiddetti giganti della rete, o del datagate, la mia posizione è quella che ci vuole un controllo sovranazionale su questi giganti, che non può essere delegato semplicemente ai consigli di amministrazione di Google o di Facebook per quanto riguarda la privacy, perché altrimenti si rischia una deriva in cui questi gruppi assumono un potere politico superiore a quello degli stati.
N: Non hanno già questo potere?
C: È probabile che ce l’abbiano. È probabile anche che ci siano delle contiguità con alcuni Stati… che possano essere i dati acquisiti da questi gruppi utilizzati per fini politici.
N: Fa riferimento allo scandalo negli Usa?
C: Non solo. Penso che questo sia solamente la punta dell’iceberg.
N: Anche in Italia?
C: Può essere. Ma non ne ho alcuna prova. Diciamo che siamo protetti dal fatto di essere arretrati!
N: Come mai siamo così indietro come normativa sulla tutela dell’individuo rispetto a questi giganti?
C: Perché sono nati improvvisamente. Consideri che Google oggi ha almeno una cinquantina di informazioni su di lei, per cui queste informazioni definiscono il suo profilo. Il profilo che quindi lei ha viene utilizzato da Google, per esempio, a fini pubblicitari. Ma non solo. Viene usato anche a fini di ricerca: Google sa chi è lei, quali sono le sue ricerche preferite. Quindi nelle prime pagine lei vedrà delle informazioni sue. Se un altro fa la stessa ricerca vedrà altre cose. Quindi in questo modo lei è già condizionato, nel senso che l’informazione che vede è personalizzata, ma non la personalizza lei, la personalizza qualcun altro.
N: Non le fa paura tutto ciò? Perché alcuni suoi critici dicono che lei nella rete per il movimento cerca di valorizzare questi aspetti…
C: Certo, ma la rete è come l’energia atomica: puoi usarla a fini di bene oppure usarla per fare una bomba atomica. La rete in sé è neutra. In futuro probabilmente ci saranno due estremi: delle dittature di carattere orwelliano in cui le persone pensano di sapere e in realtà non sanno nulla perché le informazioni che gli vengono date sono in qualche modo mutate. L’altro estremo è quello della democrazia diretta, in cui chiunque partecipa, chiunque è trasparente.
N: Nelle ultime settimane secondo i sondaggi il m5s ha subito una flessione. Lei come la giustifica?
C: Non credo ai sondaggi. Quindi non mi do nessuna spiegazione. Ho visto sulla mia pelle che i sondaggi hanno dato valutazioni che poi non si sono dimostrate vere. A partire dalle elezioni politiche. Noi avevamo tutt’altra previsione che poi è stata quella che si è manifestata.
N: Quindi avevate dei sondaggi?
C: No. Abbiamo una valutazione di quello che la rete dà come indicazione generale del trend di un certo tipo di informazione. In questo caso l’informazione politica legata alle elezioni.
N: E adesso che indicazione avete?
C: Sostanzialmente di stabilità rispetto alle elezioni politiche.
N: Se Giorgio Napolitano le chiedesse, chiedesse al m5s, di entrare in un nuovo governo con il partito democratico?
C: Uscirei dal movimento.
N: Come è andato l’incontro al Quirinale?
C: L’incontro è stato molto cordiale, è durato più di un’ora e mezza. Ho trovato una persona molto disponibile ad ascoltarci, che ha condiviso molti dei punti che noi gli abbiamo sottoposto, che sono poi problemi del paese da risolvere in tempi molto brevi e che noi portiamo in parlamento ogni giorno e sottolineiamo sui blog. Comunque ho trovato una consapevolezza della situazione del Paese.
N: Lei avrebbe votato Napolitano come nuovo presidente della Repubblica uscendo da quell’incontro?
C: Io trovo che la Costituzione italiana anche se non è esplicita su questo implicitamente dichiari che non possa esserci un secondo settennato.
N: È molto cauto lei rispetto a Napolitano…
C: Cauto? Non direi…
N: I limiti di Napolitano?
C: Credo soprattutto l’età e poi il fatto che insieme a molte altre persone che oggi sono in politica è in politica da molti anni. È necessario un ricambio politico. Noi abbiamo come regola il fatto che non ci siano più di due mandati.
N: C’è qualche politico al quale lei guarda con attenzione o sorpresa?
C: Non me ne viene in mente uno.
N: Un politico che la inquieta?
C: Bella domanda. La parola inquieta non mi appartiene. Non mi inquieta nessuno. Perché sono tutte persone come me, come lei… e una persona non può inquietarmi.
N: E un leader politico cosa le può stimolare?
C: Anche la parola leader è una parola che noi cerchiamo di non utilizzare e se possibile anche di discutere perché noi crediamo che il leader è qualcuno che viene riconosciuto naturalmente per delle competenze.
N: Rispetto ai politici che ci sono oggi lei non vede delle figure con cui instaurare un dialogo, che possano rappresentare un confronto?
C: Non è che non voglio risponderle: per me il confronto sono i cittadini, l’opinione pubblica, il movimento.
N: Uno come Renzi, però, per esempio, rappresenta un mondo di cittadini…
C: Rappresenta una corrente politica del partito democratico. I cittadini nelle piazze? Sono cittadini, ma valgono uno come tutti gli altri. A me non interessa la politica, a me interessa l’opinione pubblica.
N: Ma anche Renzi e Berlusconi rappresentano dei cittadini, non solo delle icone. Anche i vostri parlamentari rappresentano chi li ha eletti…
C: Ma io non ho detto che non hanno pari dignità. Ho detto che considero interlocutore il cittadino, il movimento, il popolo italiano e non il politico. Infatti le nostre persone sono portavoce di coloro che li hanno eletti. Ma in realtà potrebbero essere altre persone a fare la loro attività. Sono l’espressione di un movimento popolare.
N: Come cambierà il nostro Paese? Scenari?
C: Io penso che il Paese avrà nei prossimi mesi, non so quanti, uno shock economico. Uno shock che potrebbe portare a una ridefinizione della rappresentanza politica oppure a uno spostamento della politica da problemi politici a problemi di carattere sociale: disordini, rivolte. Quindi qualcosa che non può essere dominato dalla politica.
N: Una guerra civile?
C: No, una guerra civile no. Sicuramente delle situazioni difficilmente controllabili dal punto di vista dell’ordine pubblico. Il Paese ha bisogno di una svolta e questa svolta tarda a venire mentre l’economia continua a peggiorare sensibilmente.
Fonte: Blog di Beppe Grillo