9 Lug 2013
BENVENUTO CELLINI ED IL MANIERISMO >>
(Riverflash) – Benvenuto Cellini,nasce a Firenze nel 1500 e vi muore nel 1571, scrittore d’arte, scultore ed orafo abilissimo al servizio dei più grandi personaggi del periodo tra i quali, Clemente VII, Cosimo I de Medici, Francesco I di Francia, è stato uno dei maggiori
esponenti del “manierismo fiorentino”, insieme al Rosso Fiorentino, al Pontormo, Bandinelli ed all’Ammannati. Il periodo del manierismo può essere compreso tra il 1520 ed il 1570 ed è stato spesso giudicato negativamente e soltanto recentemente rivalutato dalla critica. Nelle “Vite de più eccellenti pittori, scultori e architettori” Vasari, traccia un panorama della storia dell’arte italiana dalla fine del Duecento, indicando in Cimabue l’iniziatore del rinnovamento artistico poi compiuto da Giotto, sino alla fase a lui contemporanea che culmina con l’opera di Raffaello e col divino Michelangelo, artista del quale sia Vasari che Cellini, erano grandi ammiratori.
Per intendere il gusto, lo stile del Cellini infatti necessario prendere in considerazione il dichiarato “michelangiolismo” dell’artista, anche se in realtà Michelangelo è per Benvenuto, come del resto per molti altri artisti del periodo, soprattutto un “mito”: si vede in lui il massimo vertice raggiunto dall’arte italiana e dopo di lui la “decadenza”.
Dobbiamo quindi ritenere il michelangiolismo celliniano, come un fattore importante, ma non preponderante, visibile soprattutto in alcuni spunti iconografici, come ad esempio, nei nudi della Saliera di Francesco I, dove le figure riecheggiano nelle pose, nel modellato fluido per larghi piani luminosi, le statue michelangiolesche delle Tombe Medicee nella Sacrestia Nuova di S. Lorenzo a Firenze.
Il Vasari, una volta individuato, nell’ambito del percorso compiuto dall’arte italiana l’apice, l’apogeo, rappresentato da Michelangelo e dagli altri grandi maestri del primo Cinquecento, accenna all’impossibilità di superare il livello qualitativo da essi raggiunto, sottolineando di conseguenza la necessità per gli artisti del proprio tempo di acquisire la “buona maniera”attraverso l’imitazione ed il diligente studio dello stile di questi maestri. Va quindi sottolineato che il termine “buona maniera”, non ha per Vasari un significato propriamente negativo, dispregiativo, e sarà solo in seguito, durante la fase più intellettualistica del Manierismo, verso la fine del Cinquecento e soprattutto Seicento, che tale termine assumerà una connotazione decisamente negativa.
La critica cinquecentesca, considerò manieristi, tutti quegli artisti che, non avendo più “la natura” come modello, volgevano, viceversa la loro attenzione verso lo studio dei grandi maestri, distaccandosi in tal modo dall’antico e classico concetto di arte come “mimesis” o imitazione.
Tale critica, con il suo superficiale giudizio, si lasciò sfuggire l’originalità della ricerca formale compiuta da questi artisti e l’autonomia critica di questi ultimi nei confronti dei loro modelli, due aspetti, da non sottovalutare.
di Lauretta Franchini (AG.RF.09.07.2013)
1
Gigi dice:
Pubblicato il 19-02-2014 alle 17:44
Non e stato utile per niente
2
Francesco Masi dice:
Pubblicato il 11-07-2017 alle 10:36
Ovvero : “I laterali”, gli strabici, da Bonito oliva in :Passo dello strabismo-https://books.google.it/books/about/Passo_dello_strabismo.html?id=lg8dOAAACAAJ&redir_esc=y
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