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BEN TORNATO MR. ROGER WATERS….UN GENIO ALLA CORTE DELLA MUSICA

 

(riverflash) – potremmo cominciare con “once upon a time”, perchè quello che stiamo per raccontare è simile ad una di quelle storie “fantastiche”, che per la sua fortunata venuta al mondo, sotto la più bella delle stelle, si ripete e si ripeterà per sempre, finchè esisterà la Musica.

La storia si racconta pressapoco così:

Siamo all’incirca al 1977, il grande tour “Animals” fu davvero snervante per i Pink Floyd, che uscirono a pezzi da quella esperienza.

Alcuni episodi riconducibili a quel periodo furono poi fondamentali per lo sviluppo degli eventi successivi; uno frà alcuni quello che successe a Montreal, durante il concerto del tour: un ragazzino, uno qualunque tra le decine di migliaia è lì in prima fila e grida, si dimena, inneggia a “Money” la sua hit preferita, sembra essere presente solo per creare confusione e bere birra. Roger Waters non resiste, non riesce a sopportare quel parassita della platea. Prende la mira, come un fuciliere di sua Maestà la Regina, e lo centra in faccia, maledettamente. È sconvolto, Waters, per quel gesto che gli appare subito terribilmente fascista, violento oltre ogni misura e decenza, sconvolto a tal punto da mettere in moto un processo di catarsi creativa che lo porterà a sviluppare l’idea di una delle più grandi opere rock di sempre. Il bassista aveva incarnato, in qualche modo anticipandolo, il “rocker dittatore” che apparirà come protagonista nella canzone “In the Flesh” e che verrà interpretato nel film “The Wall” da Bob Geldof.

Da quì comincia la “favola”.

Ecco quindi farsi strada in Waters lo spunto per “il concept“, l’idea attorno alla quale costruire un nuovo disco, ovvero il muro di incomunicabilità tra l’artista e il pubblico. Un muro che col passare del tempo si arricchirà nella testa di Waters di tanti mattoni fino a farlo diventare un emblema dell’alienazione e dell’estraniazione dal mondo a tutto tondo.

Novembre 1979: la Emi scalpita; nel solo periodo che precede le feste si realizza il 30% delle vendite annuali di dischi. I Pink Floyd, a oltre due anni di distanza dal precedente “Animals”, non possono aspettare oltre; le pressioni sono fortissime, gli interessi in campo enormi.
Dopo mesi e mesi di sala di registrazione tutto viene fatto di corsa al punto che alcune decisioni dell’ultima ora rimescolano l’ordine delle canzoni nell’album. Prova ne sono un paio di errori nella riproduzione dei testi nella doppia copertina del vinile ormai mandata in stampa. È infatti presente il testo di “What Shall We Do Now”, canzone poi eseguita dal vivo quale appendice di “Empty Space”, ma assente su disco per problemi di spazio. Il testo di “Hey You”, brano di apertura del secondo disco, è invece collocato erroneamente a chiusura della terza facciata. Non male come pasticcio per un disco da lanciare in grande stile su scala mondiale…!

Ma eccolo finalmente! Il 30 novembre, nelle vetrine dei negozi illuminati a festa, “The Wall”, doppio Colossale Lp della band che ha dominato gli anni 70 prima come band di culto della scena rock britannica poi sfornando dischi da decine di milioni di copie vendute.
L’uscita discografica assume immediatamente i connotati di “Evento Planetario” ed epocale, certamente uno dei più importanti eventi della storia del rock. Le stazioni radio di tutto il mondo vengono invase da “Another Brick In The Wall”, felice intuizione commerciale con venature funky che balza in cima alle classifica di vendita. La stampa, anche quella scandalistica, spende fiumi di parole e troverà, come vedremo, anche elementi per montare flebili casi di cronaca.

Il disco del “muro”, dei suoi mattoni e degli splendidi disegni di Gerald Scarfe entra nella vita e nell’immaginario di milioni di “kid”, segnandoli per sempre. Un mito che si trasmetterà di generazione in generazione fino ai giorni nostri. A oltre 30 anni dall’uscita si contano circa 30 milioni di copie vendute, numero impressionante per un disco doppio, a cui vanno aggiunti i risultati delle varie operazioni discografiche che seguiranno, come lo show messo in scena a Berlino nel 1990 (in occasione della caduta del muro), uscito come disco solista di Roger Waters.

Tra quei “kid”, allora tredicenne, per di più alle prese con il suo primo disco rock, c’era anche chi scrive.

Per questioni affettive quindi la analisi non potrà che essere molto personale:” una delle tante, infinite interpretazioni che può suscitare un disco come questo che ha tra le sue qualità più grandi quella di riuscire a dialogare con il vissuto dell’ascoltatore. Attorno a un’opera come questa, infatti, l’intreccio delle personali storie degli ascoltatori si legano indissolubilmente alla trama dell’opera e ne diventano parte, come riflessi di vita che si rifrangono per infiniti giochi di specchi; come se la materia dell’opera si dilatasse e diventasse pregnante, consistente, reale nel vissuto di chiunque l’ha ascoltata e amata!”

Roger Waters era particolarmente creativo in quel periodo e a fronte di ogni obiezione mossa dai compagni, reagiva alla pressione con nuovo materiale, spesso di grande qualità, sorprendendo tutti. Era chiaro che il bassista stava sempre più consolidando il suo ruolo di “leader” del gruppo.

Venne chiamato il produttore e musicista canadese Bob Ezrin che diede un impulso fondamentale al progetto. Ezrin, soprattutto, sembrava essere la persona giusta in grado di entrare in sintonia musicale con Waters.
Ezrin prese in mano la storia e i suoi contenuti cercando di metterli in ordine. Il risultato di una notte insonne fu un manoscritto di 40 pagine che diventò la sceneggiatura base su cui venne completato “The Wall”. La copia originale è tutt’ora  conservata nella “Rock and Roll Hall of Fame” di Cleveland. L’Opera stava finalmente prendendo forma ed il “Progetto” divenne sempre più ambizioso. “The Wall” non sarebbe stato solo un disco, ma avrebbe avuto due successivi momenti ugualmente importanti: lo show dal vivo e il film!

Le vicende personali di Roger, sono davvero numerose e sono quelle che più hanno influenzato la narrazione nel suo complesso. “The Wall” è soprattutto un disco dove Waters ha proiettato numerose inquietudini e problematiche personali, come: la morte del padre ad Anzio nel corso della seconda guerra mondiale; Waters, classe 1943, come tanti suoi coetanei protagonisti del rock anni 60 e 70, è un orfano di guerra. Attivo pacifista sin dai primi anni 60, ancor prima di suonare con i Pink Floyd, Roger accenna al tema della guerra in “The Wall” e poi successivamente lo sviluppa in “The Final Cut”, scioccato anche dal contemporaneo conflitto delle Falkland; il ruolo della madre iperprotettiva; è la madre vedova a crescere Roger sotto la sua ala. L’immagine della madre chioccia soffocante è tra le più forti e presenti nella storia; l’esperienza di una scuola frustrante e umiliante, Waters frequentò un prestigioso college che lasciò in lui segni indelebili ed in ultimo il divorzio, Roger Waters ricorda il periodo del suo divorzio, nel 1975, come uno dei più stressanti della sua vita.

Altri elementi arrivano dal vissuto di Waters come musicista all’interno dei Pink Floyd come: Il rapporto spersonalizzato con il pubblico, soprattutto per quanto concerne le esperienze dal ’73 in poi, con arene sempre più grandi e un pubblico meno attento, non seduto e concentrato ma presente al concerto con il solo obiettivo di fare casino o bere birra; oppure gli incidenti di Los Angeles nel ‘75, durante il tour americano di quell’anno vennero arrestati, prevalentemente per possesso di droga, 500 partecipanti al concerto di Los Angeles.

Il piano della pura invenzione narrativa servirà invece da collante per mettere ordine alle tante ma confuse idee che portarono Waters al vaglio del resto del gruppo. A questo livello diedero un impulso determinante prima Bob Ezrin per il disco e successivamente Alan Parker nelle vesti di regista del film.

La storia del film che ne deriva è in sintesi è quella di Pink, una rockstar che durante un massacrante tour sta consumando il rapporto con la moglie. Nelle lunghe giornate passate in solitudine in una anonima stanza di albergo tra un concerto e l’altro, Pink, nel vano tentativo di mettersi in contatto con la moglie, rievoca i fantasmi della sua esistenza, la morte del padre in guerra, l’infanzia difficile stretta tra l’atteggiamento iper-protettivo della madre e l’indottrinamento da parte di professori psicopatici. Simbolicamente le difficoltà e i traumi esistenziali di Pink vengono rappresentati come mattoni che vanno a costruire un muro di isolamento che lo allontanano dalla realtà, fino a un completo isolamento. Alla fine Pink affronterà introspettivamente i propri traumi fino alla caduta del muro che lo riporterà a contatto diretto con i propri simili. Un’Opera meravigliosa!

Roger Waters è senza dubbio l’ideatore dell’intero progetto “The Wall” che può però essere considerato a tutti gli effetti un disco dei Pink Floyd, l’ultimo nella formazione storica.
Il contributo di Gilmour, coproduttore del disco insieme allo stesso Waters e a Bob Ezrin, risulterà infatti decisivo. Il chitarrista collabora infatti alla stesura di tre importanti canzoni, “Comfortably Numb”, forse la più bella di tutte, oltre a “Young Lust” e “Run Like Hell”, tra le più fresche del disco e utili ad allentare il senso claustrofobico di alcune composizioni di Waters.

Mentre “The Wall” albergava stabilmente nelle hit parade mondiali il gruppo iniziò a lavorare al live show nell’inverno 1980, il secondo step del progetto.
Lo show rappresentò la summa delle già straordinarie esibizioni spettacolari dal vivo. Il palco di straordinarie dimensioni, prevedeva la costruzione progressiva di un muro alto 12 metri e largo oltre 40, che al termine del primo tempo del concerto (coincidente con la fine del disco 1) occludeva completamente agli spettatori la vista dei musicisti.

Un ruolo fondamentale nello spettacolo avevano le animazioni di Gerald Scarfe che venivano proiettate sul grande muro con funzione di schermo. Erano stati costruiti anche enormi pupazzi di 8 metri che rappresentavano il professore, la moglie e la madre, quest’ultima in versione gonfiabile. Immancabile era anche il “famoso maiale volante”, presenza stabile già dai tempi di “Animals”.

“The Wall” venne rappresentato dal vivo in poche selezionate città in due anni successivi. Nel 1980 dapprima negli stati Uniti dal 7 al 13 febbraio a Los Angeles e dal 24 al 28 febbraio a New York, la successiva tappa fu a Londra dal 4 al 9 agosto.

poi furono annunciate ulteriori rappresentazioni, i cui fondi serviranno per finanziare il film.

Le registrazioni musicali dello show sono state riportate su disco venti anni dopo. Nel 2001 viene infatti pubblicato a sorpresa “Is There Anybody Out There”. Le riprese dello spettacolo, mai utilizzate per il film, sono invece tuttora inedite anche se facilmente rintracciabili sulla rete. La sincronizzazione risulta quasi perfetta a conferma di come lo show fosse una grande macchina teatrale dove musica, recitazione, proiezioni, pupazzi e “light show” si intrecciavano secondo una ferrea partitura scritta. Waters canta e suona per tutto lo spettacolo con una cuffia per permettergli di essere sempre perfettamente a tempo con l’intera macchina spettacolistica.

Insomma quello che è apparso agli occhi del mondo, sotto quella famosa bella stella, dall’ inizio fino ai nostri giorni e probabilmente anche nel futuro è la fantastica storia del “Progetto The Wall”!

Il “Tour 2013” sarà composto da 18 show negli stadi tra i quali figureranno alcune strutture leggendarie come lo Stadio Olimpico di Roma (28 luglio), l’Amsterdam Arena, l’Olympic Stadium di Berlino, sono previsti anche 2 show alla Telenor Arenas di Oslo.

Per questi grandi stadi Roger Waters ha ridisegnato e ingigantito la produzione di The Wall in modo da creare un supremo evento da stadio, portando l’esperienza di The Wall ancora più vicina ai fans ovunque questi siano seduti e rendendo la produzione ancora più completa grazie alle grandi strutture che la ospiteranno.

Roger Waters dice: “Sono estremamente felice di portare ancora The Wall in Europa. Sarà un grande divertimento per tutti noi. Ho rimodellato lo spettacolo in modo da poter suonare in grandi stadi all’aperto. E’ davvero bello. Ancora più toccante, coinvolgente, drammatico e avvincente della versione nei palazzetti. Ho dovuto ripensare tutto lo show per portarlo negli stadi. Questo gigantesco show di The Wall negli stadi non avrebbe potuto essere realizzato 40 anni fa. Non avremmo potuto riempire lo spazio in un modo che risultasse emozionalmente, musicalmente e teatralmente soddisfacente. La tecnologia è cambiata. Adesso possiamo”.

Roger Waters ha per la prima volta reinventato il suo leggendario palco di The Wall, nel 2010, utilizzando le innovazioni tecnologiche dei nostri giorni e gli effetti speciali che sono stati ammirati dal pubblico di tutto il pianeta, con innumerevoli concerti sold out e molteplici repliche tra cui i 9 sold out consecutivi al River Plate Stadium di Buenos Aires ( Argentina…ci eravamo!) che hanno stabilito un record!

Prima del 2010 lo show di The Wall era semplicemente troppo grande per pensare di poterne fare un tour ma le nuove arene e i progressi che la tecnologia ha fatto nel settore hanno risolto quel problema. Waters ha aggiornato il look e il feeling dello show per assicurarsi che si abbinasse al sensazionale sfarzo teatrale per cui l’incarnazione live di The Wall è divenuta leggendaria, permettendo ad un’altra generazione di essere ispirata dalla magnificenza dello spettacolo sonoro e dei visual mozzafiato!

Il “Genio” è tornato! Roger Waters è nato a Great Bookam nella contea di Surrey il 6 settembre 1943, nei dintorni di Londra; si è poi trasferito a Cambridgeper motivi di studio. Durante l’università a Londra ha conosciuto Syd Barrett e David Gilmour, suoi compagni di viaggio nell’avventura Pink Floyd, insieme a Nick Mason e Rick Wright.

Chiudiamo (a malincuore), con una notizia che, non nascondiamolo, ci ha commosso. il giorno 28 marzo u.s., Roger Waters  sperando di evitare i clamori, ha fatto visita al cimitero inglese di Cassino dove riposa il padre, deceduto nell’ultimo conflitto bellico. Nel cimitero l’artista dovrebbe girare un video dedicato al genitore. Il musicista britannico però è stato riconosciuto da qualche fan che non ha tardato a diffondere la notizia e, nel mausoleo di via Sant’Angelo, si sono ritrovati in pochi minuti, decine di persone che volevano incontrarlo. Come non capirli!

Roma stadio Olimpico, 28 luglio 2013, io ci sarò….

lobo-(AG-RF) – 03.04.2013

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