di Francesco Angellotti (AG.RF 05.02.2015)
(riverflash) – Andando ieri sera al Teatro Secci qui a Terni, mi aspettavo di vedere un bello spettacolo, perché molto importante: il Bolero, di Maurice Ravel, era stato adeguato da Stefano Corrias; la Carmen, di Georges Bizet, è stata presentata da Los Panchos. Certe musiche meritano il massimo del rispetto e dell’esaltazione, espressi in una esecuzione brillante ed eseguita nella massima correttezza. Poi, in fondo, un’opera prodotta da MM Contemporary Dance Company che ha ricevuto sostegno da parte della Compagnia Naturalis Labor e della ASD Progetto Danza, Reggio Emilia, non poteva risultare poca cosa, mi aspettavo indubbiamente una buona rappresentazione.
Il tempo infausto non mi ha permesso di presentarmi corretto nell’eleganza come son solito essere quando mi reco a Teatro, e mi sono sentito anche un poco in difficoltà perché il foltissimo pubblico si è presentato tutto in ghingheri, neanche fosse stata una “prima” de l’Olimpià de Paris: era un mercoledì al Teatro Secci di Terni, ed anche qui c’è un particolare che non capisco: perché la serata con balletti di Ravel e Bizet la programmino il mercoledì ed il giovedì, mentre altri autori (non faccio i nomi per non infastidire mio figlio), che non sono a questa altezza artistica, abbiano riservato il palco di domenica? Impostazione commerciale? Non mi sembra, perché il pubblico, alle Rappresentazioni Classiche, è sempre tantissimo. Forse, ecco, si vuole evitare che i ritardatari siano costretti a “posti in piedi”.
Inizia il Bolero, e già subito si fa sentire l’arrangiamento di Stefano Corrias, che introduce il tema in modo delicato ma perentorio; ed è essenziale il gioco di luci e di riflessi, che danno all’immagine una dimensione nell’oscuro. La musica non ci vuole molto ad impararla, perché è sempre lo stesso motivo che si ripete; ma cambia sempre, perché ogni tempo è suonato da strumenti più che dal tema iniziato, quasi di sottofondo, e finisce con un tono Tempestoso di Gioia e Magnificenza. Infatti, veramente abile nell’impostazione e nell’Arte dell’Esecuzione il coreografo Michele Merola; il balletto inizia con un’introduzione lenta e delicata, ma tremendamente serpeggiante, quasi perversa, sempre più ricca e trascinante. Essenziale la scenografia, che più semplice di così non si poteva, ma riuscita al massimo nell’ingegno della trovata: un muro alto e pieghevole, che cambia continuamente forma aprendo e chiudendo la scena, creando spazi diversi e sempre nuovi. Arrivati al culmine dell’esaltazione, portati all’estremo tutti i contenuti più tremendi ed esilaranti, dopo aver affrontato tutto il Male che ha costretto ad espressioni trascinanti, decise quando non violente, espresse sul palco con una bravura magistrale, interviene un attimo che il muro si espande tutto esteso e nasconde tutti i ballerini vestiti di nero: simbolo della lotta nei riguardi del Negativo, che tende ad opprimere e violentare l’Uomo, che si trova travolto nella difesa; dopo un attimo di totale assenza, ecco che i ballerini ricompaiono gradatamente, esaltati dalla Vittoria, rappresentata dalle Vesti completamente Bianche: un incoraggiamento a lottare contro il Male, oscuro ed imperante, perché il Bene vincerà. La Vita presenta una negatività che sembra soverchiare, ma l’Uomo deve riuscire ad imporsi a Se Stesso perché, alla fine, sia il Bianco della Purezza a trionfare. E questo è il messaggio della compagnia e del coreografo: esaltante!
Diverso il discorso di Carmen, ma il testo musicale di Bizet ha seguito un’avventura incredibile. L’autore era stato pregato di fornire alla Corte un’opera da suonare per scherzo, che allietasse le serate mondane delle riunioni Aristocratiche. Così è iniziata l’Opera, con questo stampo e questa tecnica; ma la musica era talmente coinvolgente e pregnante, che Bizet si è lasciato trascinare dalla sua Arte, ed ha composto una tragedia, che finisce nel sangue. Certo, a raccontare un omicidio passionale ci vuole poco, ma la trama è raffinata anche in questo; non solo Carmen ed Escamillo vivono il loro dramma, iniziato per scherzo, preso con leggerezza e finito in modo travolgente; ma tutti i personaggi vivono la tremenda situazione creatasi subdolamente, seguendo strade iniziate con allegria. L’ antagonista di Carmen, in accesa competizione e mai soddisfatta; personaggi che comportano l’abiezione dell’ambiente in cui si svolge la scena; partecipanti del “giro” che si trastullano convinti tra loro, ma non riuscendo mai a trovare un momento di soddisfazione ed appagamento. Fino a che si giunge alla fine del dramma, e Carmen si veste di rosso, simbolo espressivo. Dopo uno spasmodico confronto con Mercedes, Carmen ostenta rifiuto all’amore di Escamillo, che all’apice dell’ira, la uccide.
Certo, come trastullo ai thé di Corte, la trama non era molto adatta.
Eppure, il coreografo Emanuele Soavi ha avuto modo di riuscire ad applicare il giusto stato emotivo, a seconda dei momenti trascorsi: dalla ricerca della Baldoria, alla Disperazione per inappagamento dovuto alla vacuità e falsità dei Valori ricercati; la competizione per riuscire a raggiungere l’amore di Escamillo; la leggerezza del torero che vuol considerare la vita con futilità, per accorgersi di quanto è drammatica, avendo permesso che Carmen se la passassero senza pudore, perdendo così l’amore della donna che credeva fosse solo sua: al fine la Morte di Carmen, che ha capito quanto dramma è stato sollevato, e si veste di rosso presaga dello sconvolgimento.
Tutto ciò; questo è il senso della serata. Non seguendo la classica impostazione, danzata ad ogni rappresentazione delle Opere; partendo, certo, dalla tradizione, che trascurarla avrebbe solo voluto dir essere ignoranti, la si sviluppa e le si da un senso moderno; ed è per questo che va apprezzato che tutti gli interpreti siano molto giovani; sono tutti preparatissimi, e degni d’esser considerati esponenti dell’Alta Scuola, ma portano nell’interpretazione e nell’esecuzione un brio di gioventù, riescono a dare un significato attuale ad Opere che son da considerare immortali; e lo son proprio per questo: non invecchiano per rimanere statiche nella trama e, quindi, nel significato; sono, altrimenti, filtrate, elaborate e presentate da giovani, che capiscono il Messaggio dell’Autore.
E’ per questo che ci sembra doveroso fare espliciti complimenti ai due coreografi, che sono oltre che bravissimi anche molto simpatici, Michele Merola ed Emanuele Soavi; ammirazione per tutta la compagnia, che brilla nella tecnica e nella coordinazione: Stefania Figliossi, Paolo Lauri, Fabiana Leonardo, Enrico Morelli, Giovanni Napoli, Nicola Stasi, Lorenza Vicidomini.
Tra tutti i ballerini, chi sarà mai il più bravo?
Tutti e nessuno. Non c’è “il più bravo”, ma abbiamo avuto impressione che sia l’intera Compagnia ad esprimersi in una maniera particolarmente riuscita, ammirati sul palco per la loro sincronia ed intesa. Questo è il senso della Compagnia, non ballare come contorno, per assistere alla Vedette, ma portare avanti un discorso di unione delle bravure, perfettamente assieme e sincroni, che si esprimono con alto Valore Artistico.
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