di Sabrina Sciabica (AG. RF. 18.04.2017)
(riverflash) – Tra i tanti testi sull’arte contemporanea e sulla produzione artistica attuale, ce n’è uno particolarmente interessante in cui se ne fa un’analisi accurata e a livello internazionale.
Angelo Crespi è un giornalista italiano – laureato in legge, docente, presidente del Centro Internazionale di Palazzo Te di Mantova e consigliere d’amministrazione della Fondazione Triennale di Milano – che si appassiona da anni all’argomento e nel libro Ars Attack, pubblicato nel 2013, spiega Il bluff del contemporaneo, come da suo sottotitolo.
È proprio qui che conia il termine sgunz affermando che esso “è (o non è) un oggetto, tendente all’orripilante, all’informe, all’insensato, il più nuovo possibile, […] che deve autodefinirsi come arte e avere un pubblico che pur non avendone la portata plaude al suo valore artistico”.
È innegabile che abbondano, nelle opere contemporanee, oggetti che vanno dalle calzature ai palloni gonfiabili, dai gommoni ai tappi di plastica, tendenti alla dissacrazione, al divertimento, al nonsense. L’autore si chiede, dunque, se questa possa essere considerata davvero arte. E se si rischiasse, pur di sorprendere il pubblico e far parlare di sé, di dimenticare estetica e gusto, valori che sono sempre stati alla base del concetto stesso di Arte?
Nel suo pamphlet, il critico parte dal valore intrinseco del bello e cita a supporto numerosi filosofi, dimostrando una profonda conoscenza della cultura italiana e non solo.
“L’idea che tutto possa essere arte compreso, anzi in primis, il fatto male, contraddice l’esperienza umana in qualsiasi campo: persino nel gioco del calcio lo spettatore ama il bello, comprende le cose fatte bene, ad arte appunto, disdegna quelle fatte male.”
E la manualità, dove è finita? Il duro lavoro, lo studio, la preparazione, il tempo dedicato alle infinite prove, ai bozzetti, ai rifacimenti? Oggi purtroppo nell’arte come “nel cinema, nella pubblicità, nella moda, nell’architettura, non è più essenziale saper fare qualcosa”.
Pare addirittura che al bello si preferisca il brutto, forse perché il bello spaventa?
“La bellezza spaventa e atterrisce, come molti poeti, da Cristina Campo a Rainer Maria Rilke, hanno intuito: la Bellezza, che è il manifestarsi del Tutto nel frammento, provoca sgomento, perché quel tutto evidenzia sempre per contrasto la finitezza del frammento che è il modo, l’unico, con cui possiamo avvicinarci al Tutto. Così quando guardiamo la Bellezza non possiamo non vedere la finitezza dell’arte che ce la mostra e che è sempre e solo barlume di un Tutto più grande”.
Con riflessioni argute, con una scrittura coinvolgente, tanta ironia, profonda intelligenza e rispetto, il critico d’arte riflette sulla mancanza di talento di tanti personaggi che si definiscono troppo facilmente artisti.
Nel testo, fortemente consigliato a chi volesse ragionare con il proprio cervello, invece di seguire le mode, Angelo Crespi riesce ad esprimere giudizi oggettivi e sottolineare l’importanza del passato e della storia dell’arte italiana.
Essa rimane unico punto fermo; eccezionale e fondamentale risorsa per il nostro paese, oltre che esempio da tenere sempre a mente, sia per gli artisti che per la gente comune, che per tutti gli appassionati del bello.
Categoria: Arte, Attualità, Cultura, Eventi, Libri, Moda, poesia, psicologia, Spettacoli, Storia | Tag: angelo crespi, ars attack, Arte, arte contemporanea, bellezza, bello, Campo, koons, rilke, sgunz
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francesco palmieri dice:
Pubblicato il 03-05-2018 alle 12:36
Buongiorno
Sono un artista che vive e lavora a catania.
Con notevole interesse ho letto l’articolo, basato su considerazioni che mi toccano molto e faccio i miei complimenti a Sabrina Sciabica.
Volevo inoltre chiederVi se posso avere un email del prof. Crespi; vorrei sottoporgli il mio lavoro.
Grazie
Francesco Palmieri