22 Gen 2016
AFFINITA’ ELETTIVE, DA DE CHIRICO A BURRI, alla Galleria d’Arte Moderna di Roma
di Sabrina Sciabica (AG. RF. 22.01.2016)
(riverflash) – Il nuovo anno comincia con una mostra affascinante e intrigante per il pubblico della capitale, già a partire dal titolo, Le affinità elettive.
Il percorso, alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, suggerisce un confronto tra autori prevalentemente italiani a partire dal nome più famoso, Giorgio de Chirico, per proseguire con i suoi contemporanei.
Nelle opere si affrontano temi come la precarietà dell’esistenza umana, il senso di solitudine e l’inquietudine spesso presenti negli autori del Novecento. La sconfortante ricerca del divino o di qualcosa che dia un senso all’umana esistenza è esplicata, anche, nei temi del viaggio e della partenza; il nichilismo si traduce talvolta nell’oblio, o nel senso di tragica attesa e di immobilità. E, ancora, i temi dell’arcano e del mistero, in immagini ermetiche, accomunate da atmosfere sospese a metà tra sogno e realtà.
Appena entrati, ci accoglie l’ Enigma della partenza, dipinto di de Chirico del 1914, con le parole dell’autore che perfettamente lo descrive: “Portici al sole, statue addormentate. Comignoli rossi, nostalgie di orizzonti sconosciuti…e l’enigma della scuola, e la prigione e la caserma; e la locomotiva che fischia la notte sotto la volta gelida e le stelle. Sempre l’incognito”.
Si prosegue con artisti di personalità differenti ma che, sulle opere del padre della metafisica, hanno profondamente meditato. Ammiriamo diverse tele di Filippo de Pisis, tra cui spicca l’ Interno dello studio del 1941 dai tipici tratti spezzati e ricchi di colore. E ancora le famose nature morte di Giorgio Morandi (sono qui esposte numerose acqueforti sia a colori che in bianco e nero) e quelle di Alberto Savinio, anche in questo caso, insieme alle parole dell’autore che presenta così la sua arte: “Le mie pitture non finiscono dove finisce la pittura. Continuano. E si capisce. Erano già nate prima che fossero dipinte. È giusto che vivano anche al di là della superficie dipinta”.
Le opere messe a confronto fanno parte della collezione della Galleria capitolina e della Fondazione Magnani Rocca e comprendono, oltre agli autori già citati, anche le sculture di Giacomo Manzù, e altri celebri nomi come Renato Guttuso, Giuseppe Capogrossi, Mario Mafai, Toti Scialoja, Carlo Carrà. Si comincia dagli anni Venti e si prosegue fino agli anni Sessanta, per terminare con le ricerche informali di Alberto Burri, con il Sacco del 1954.
Alla figura del mecenate Luigi Magnani, padre dell’omonima fondazione, profondo conoscitore dell’arte, oltre che scrittore e musicologo, la mostra dedica una sezione documentaria con scritti e corrispondenze.
Alle affinità tra le opere, si aggiunge quella tra pittura e musica poiché la visita ha un sottofondo musicale in cui si alternano brani di Ottorino Respighi, Debussy ed altri ancora, fino al compositore estone di musica contemporanea Arvo Pärt.
Visitabile fino al 13 marzo 2016 alla Galleria di via Crispi, è un evento assolutamente imperdibile per gli appassionati della cultura e dell’arte moderna e contemporanea.