31 Dic 2020
Addio a Pierre Cardin, il genio silenzioso della moda
di Valentina Riso (AG.RF 31.12.2020) ore 14:05 (riverflash) Pierre Cardin è morto a 98 anni lo scorso 29 dicembre in un ospedale di Nuilly, vicino a Parigi. Leggenda della moda internazionale, è stato il primo stilista a creare il prêt-à-porter nel 1959 sfilando nei grandi magazzini parigini Printemps.
Cardin ha reinventato la moda in chiave futuristica, sbarazzina, dinamica, silhouette geometriche e affilate, cromatismi vivaci e impetuosi: dall’iconica collezione di abiti senza colletto per i Beatles ai vestiti flamboyant di Jacqueline Kennedy, ha sempre vissuto in chiave mitologica di sé stesso fin dagli anni cinquanta. Un po’ per quel gioco divistico che serve a impreziosire la propria immagine, un po’ per quella altezzosa raffinatezza che fanno “personaggio” da alta società alla francese. Cardin, all’inizio degli anni sessanta, ha rappresentato la decostruzione della norma in fatto di taglio di un abito, di forma, di linee. Una vulgata unisex, spaziale, spigolosa a allo stesso tempo ariosa, come mai era accaduto, finendo per vestire star del cinema dentro e fuori dal set.
Le origini italiane da Pietro Costante Cardin , figlio di proprietari terrieri finiti sul lastrico dopo la prima guerra mondiale, Pietro (o Pierre) si trovò trasferito in Francia che nemmeno aveva due anni. Papà e mamma a lavorare e lui a 14 anni già con ago e filo per affermarsi da sarto creativo e istintivo. Nel ’45 è a Parigi lavora fugacemente per Elsa Schiapparelli, poi nel ’47 Balenciaga lo rifiuta e Christian Dior lo fa diventare primo sarto della sua neonata maison. Tempo qualche anno e Cardin si autonomizza e trasforma il mondo della moda.
Nei primi anni sessanta è già un Dio del settore. È l’epoca dello “space age look”. I suoi abiti finiscono addosso a Elizabeth Taylor, Joanne Woodward, Brigitte Bardot, Mia Farrow. Inondano il cinema e la tv. È lì che Cardin veste donne e uomini, linea cangiante, miscela esplosiva, un unicum estetico di eleganza geometrica dal tratto marcato. Dal 1965, cioè nemmeno dieci anni dopo la sua prima sfilata, le sue modelle sono già un florilegio indistinto multicolored, segno di una società che cambia e che necessita di una moda che traduca gonna e giacca, abito lungo e exploit serale, quel cambiamento.
Gay dichiarato, vive comunque una clamorosa relazione etero con Jeanne Moreau, anche se rimarrà legato profondamente al suo assistente personale André Olivier. Nel 1969 è l’unico uomo “comune” al mondo ad indossare la tuta degli astronauti che sbarcarono sulla luna. Nel 1974 è uomo dell’anno in copertina sul Time, primo stilista della storia. Cardin è talmente iconico oltre le stigmate dell’alta società, talmente visionario e addirittura iconoclasta da ridisegnare il Bargon Tagalog, il costume nazionale filippino, in accordo con il presidente Ferdinand Marcos, aprendolo clamorosamente sul davanti. Intanto la sua impresa commerciale, quella che supporta il marchio Cardin, diventa un impero. Non solo abiti, ma pentole, padelle, mobili, profumi, automobili, perfino una catena di ristoranti che comprende il parigino Maxim’s.
Negli anni ottanta i suoi abiti scavalcano le passerelle e finiscono perfino in mostra al Metropolitan Museum di New York. Instancabile e attento a non cedere mai il proprio marchio. Recentemente, oltre al piacevole ritratto protagonista nel documentario del 2019 House of Cardin”, rilasciò una lunga intervista a France Culture spiegando le origini del suo processo creativo: “È piuttosto astratto, non mi ispiro ai costumi o alla cultura del passato, ma ad esempio ad un camino, una ruota, un’auto, un pezzo di corda, un cuscino, un dispositivo radio, una pietra. Tutto diventa fonte di ispirazione e cerco di incorporare una forma che non segue il corpo . Ho una pratica molto diversa da tutti i miei colleghi: il corpo è assente, astratto, non penso al corpo. Cerco di mettere un materiale, vale a dire una colonna vertebrale, un fisico, un corpo, in un indumento, in modo che prenda la forma dell’indumento. Questa è la mia visione, per così dire, dell’abbigliamento”.