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28/02/2013: A night to remember – Stephen Curry

AG.RF.(Daniele Mulas).29.12.2013 (ore 16,58)

“Welcome to the Madison Square Garden, the world’s most famous arena!”
Si gioca Golden State Warriors vs New York Knicks, e lo speaker dell’arena ricorda a tutti i presenti la sacralità sportiva del luogo; luogo dove sta per cominciare “one of those nights”. Una di quelle notti. Già perché questo non è il posto per pensare, questo è il posto dove si deve agire. E ad agire con azioni indelebili, rimaste scolpite nella memoria di chi c’era o di chi le ha viste, sono in pochi e dai nomi pesanti:

  • Bernard King con 60 punti nel 1984;
  • Michael Jordan con 55 punti nel 1995;
  • LeBron James con 52 punti nel 2009;
  • Kobe Bryant con 61 punti nel 2009;

    A leggere quei numeri, a ricordare quelle partite e a pensare a quei giocatori vengono i brividi, si scatena dentro ogni amante di questo sport un’emozione indescrivibile. Ma se qualcuno come me, nella notte del 28 febbraio 2013 era sveglio a guardare come i Knicks vincevano 109-105 sui Warriors, quel qualcuno si sarà sicuramente accorto dell’errore (voluto) nella classifica scritta poco sopra.”Ma chi è il numero 30 di Golden State”. “Chi, Curry?” “Si si quello, chi è?””Quello” sta per realizzare una delle prestazioni più incredibili mai viste al MS

Wardell Stephen Curry II, è nato ad Akron (Ohio) il 14 marzo 1988. Frequenta la “Charlotte Christian School” a North Carolina e diventa il miglior marcatore di tutti i tempi della scuola, con 1700 punti. Si trasferisce a Etobicoke, Ontario, Canada, dove gioca per la scuola media “Queensway Christian College” portando la sua squadra ad essere imbattuta fino alla fine della stagione, con oltre il 48% di media per il tiro da tre punti. Il problema è solo uno: il ragazzo è piccolo, troppo esile per i grandi college che non gli offrono una borsa di studio. Nel 2006 il suo talento è innegabilmente sugli occhi di tutti, e dopo alcune offerte, Stephen sceglie il Davidson College per iniziare la sua avventura in NCAA. Rimarrà lì fino al 2009, diventando nell’ultima stagione il miglior marcatore del campionato, con una media di 28,6 punti a partita, regalando spettacolo e divertimento.

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Viene dichiarato eleggibile per il Draft 2009 e Golden State spende la sua settima scelta per Stephen. Debutterà poco dopo, il 28 ottobre. Parte titolare e mette a segno 14 punti, 7 assist, 4 palle rubate e 2 perse in 36 minuti giocati. Non male per essere troppo piccolo.

Le qualità del giocatore si vedono, e come potrebbe essere altrimenti? Ma gli anni successivi sono caratterizzati da dei fastidiosi infortuni alle caviglie, che faranno tornare Curry avvolto (ancora) nella nebbiolina di quella fastidiosa frase: “bravo si, ma fisicamente non va”.

Nella stagione 2012-2013 Stephen è pronto a prendersi la sua rivincita. Esplode cestisticamente e caratterialmente, migliorando con sé, anche le prestazioni dei Warriors. Se ne accorgeranno tutti molto presto di quel ragazzo “fisicamente troppo piccolo”. Quella notte è la sua notte. Giocherà la miglior partita di tutta la sua carriera, sul palcoscenico più importante di tutti: il Madison Square Garden. Golden State perde come squadra, vero, ma lui “vince” la sua partita: 54 punti segnati (18/28 dal campo, 11/13 dalla lunga distanza, 7/7 dalla lunetta), 6 rimbalzi e 7 assist. 

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Adesso quelle voci fastidiose sono lontane, lui è dispiaciuto per la sconfitta certo, ma dentro di sé sa di aver fatto qualcosa di straordinario e che questa è la strada giusta da percorrere. La strada per passare da essere un buon giocatore a essere un grande giocatore. Uno di quelli su cui possono contare tifosi, compagni e coach. Uno di quelli che finisce sui poster appesi nelle camerette dei più piccoli.
“If I can make it there, I’ll make it anywhere” cantava Sinatra nel 1979.
Se ce la fai a New York, ce la farai ovunque.
Let’s go Stephen!

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